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Dal Tramonto all’alba – Recensione

Da una sceneggiatura scritta ai tempi del liceo, rispolverata ai tempi de Le Iene (1992) per essere perfezionata, Tarantino e l’amico regista Robert Rodriguez (Sin City) realizzano Dal tramonto all’alba, uno degli horror più famosi e di maggior successo che vede tra gli interpreti lo stesso Tarantino, nei panni di un inquietante maniaco psicopatico, e un giovane George Clooney all’inizio della sua notorietà.

Nella prima parte la pellicola si configura come un thriller dai ritmi incalzanti. Dopo una sanguinosa rapina in una banca texana, i due protagonisti Richard (Q. Tarantino) e Seth (G. Clooney) Gecko, prendono in ostaggio un predicatore e i suoi due figli, e passano la frontiera messicana dove approdano al locale Titty Twister. I caratteri dei due criminali sono ben delineati: George Clooney gestisce a sangue freddo scene d’azione e sparatorie, mentre Tarantino è un criminale con eccessi di violenza, che non sa controllare. Fin dall’inizio sangue e omicidi non mancano per dare al film quella giusta dose pulp che caratterizza gusto e stile tarantiniano.
Nel Titty Twister avviene la svolta. Dopo la performance ammaliante e sensuale di Salma Hayek, il film si trasforma nell’ horror per eccellenza fatto di vampiri, croci e paletti conficcati nel cuore. Il pulp arriva alle stelle e inizia lo splatter più cruento ed efferato tra teste mozzate e corpi fatti a pezzi. I personaggi, chiusi nel locale, sono costretti a destreggiarsi tra i vampiri in attesa dell’alba. Tra loro si aggiunge Sex Machine, alias Tom Savini, noto creatore di effetti speciali, che in questo film debutta come attore conferendo alla pellicola (basti pensare al suo buffo nome) toni parodici e divertenti.

Dopo aver sbancato i botteghini alla sua uscita nel 1996, Dal tramonto all’alba colpisce per il suo carattere grottesco e assurdo. Il film mostra, infatti, il puro intento da parte del suo sceneggiatore (Tarantino, aiutato da Robert Kurtzman) di giocare sulla suspence e la sorpresa lasciando da parte ogni possibile interrogativo o morale nascosta. Il drastico cambiamento di trama e di genere è inaspettato tramite l’introduzione di una tematica horror che rievoca i lavori di George A. Romero (La notte dei morti viventi e Zombie) e una location (persone chiuse in un locale) ispirata a un film caro a Tarantino: Distretto 13: le brigate della morte di John Carpenter (1976). Tutte scelte ben studiate dallo sceneggiatore per non rendere la storia stereotipata e dare sfogo ad uno splatter grottesco, prevedibile ed esagerato, per questi motivi ritenuto un po’ trash, ma ugualmente divertente. Come in molti altri casi, la prima trovata è sempre quella più riuscita dal momento che i due sequel, Dal tramonto all’alba 2 e 3, non hanno ottenuto lo stesso successo.

Ancora oggi Dal tramonto all’alba è uno degli horror più celebri, amato soprattutto dagli appassionati del genere ma capace di rapire e coinvolgere anche chi non si aspetta o non è ben informato su cosa sta per vedere.     

Elisa Cuozzo

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