Dallas Buyers Club – Recensione (2)
Ci sono voluti vent’anni per realizzare una sceneggiatura che spaventava i produttori. In effetti, un dramma sull’omofobia e sull’AIDS può sconvolgere negli anni ’80 e ’90, creare scompiglio e avere un forte impatto emotivo ancora oggi, nonostante la maggiore informazione e consapevolezza sul tema trattato. Anche se dopo molto tempo, la sceneggiatura è arrivata, fortunatamente, nelle mani di produttori, registi e attori intelligenti capaci di realizzare un film degno di Oscar (candidato nelle sezioni Miglior film e Miglior sceneggiatura originale), già presentato all’VIII edizione della Festa internazionale del Film di Roma, dove è stato apprezzato da critica e pubblico.
Texas, 1985. Ron Woodroof (Matthew McConaughey) è un cowboy elettricista e omofobo che vive una vita sregolata tra sesso, droghe e alcool. Quando gli viene diagnosticato il virus dell’HIV, non accetta la sentenza di morte prevista nel giro di trenta giorni. Inizia a studiare il suo caso, deciso a procurarsi i medicinali necessari ad aiutarlo a combattere contro la malattia e a lottare per la sua stessa vita. Dopo aver provato sul suo corpo l’AZT, farmaco tossico sperimentato dal FDA (Food and Drug Association), Ron trova in Messico delle cure alternative che decide di importare in Texas per rivendere e diffondere a tutti i malati di AIDS. In questo modo apre il suo Dallas Buyers Club con il partner in affari Rayon (Jared Leto), un omosessuale sieropositivo con il quale intrattiene un’inaspettata amicizia mettendo da parte la sua omofobia e i suoi pregiudizi contro i gay. Sua complice e amica è anche la dottoressa Eve Saks (Jennifer Garner), consapevole della tossicità dell’AZT distribuito dalle case farmaceutiche.
Siamo negli anni ’80. L’AIDS si diffonde a dismisura, soprattutto tra gli omosessuali, e la gente si trova ad affrontare una malattia, che spaventa e confonde, oggetto di ricerche in tutto il mondo. A questa situazione si aggiunge il maltrattamento e l’emarginazione degli omosessuali, diversi e malati, e la paradossale contrapposizione tra medicinali tossici, riconosciuti dallo Stato e sui quali le case farmaceutiche incentrano il loro business, e medicine alternative efficaci per la cura ma vietate perché ritenute illegali.
Le persone cambiano quando capitano loro le cose peggiori e più dolorose. Così Ron inizia a considerare la vita e a vedere il mondo in modo diverso. Affetto dalla “malattia dei gay”, non accetta di morire e reagisce in modo disperato ma coraggioso: si procura da solo ciò di cui ha bisogno per sopravvivere, lotta contro le istituzioni, lo Stato e i pregiudizi. Dal suo cambiamento nasce la profonda amicizia con l’omosessuale Rayon, rapporto che cresce a poco a poco e che mostra la metamorfosi del protagonista nella riconsiderazione delle persone e dei rapporti umani.
Ron è un eroe umano, reale e concreto, dai mille difetti e dalle mille imperfezioni la cui vita, una e breve, diventa importante per se stesso e per gli altri. Il regista Jean Marc-Vallée è stato capace di rappresentare questa vita in tutta la sua sofferenza, fisica e mentale, e concretezza, nella polvere del Texas, tra rodei e donne.
Grande merito va all’attore Matthew McCounaghey completamente trasformato, dimagrito per il film ben 23 kg, e alla sua performance drammatica di grande impatto, già premiata a Roma e candidata agli Oscar 2014 nella sezione Miglior attore protagonista (degno rivale di Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street). Di pari livello è l’attore e musicista Jared Leto, candidato agli Oscar 2014 come Miglior attore non protagonista (grande sfida con Jonah Hill in The Wolf of Wall Street).
Dallas Buyers Club è un film che meritava di essere realizzato. Una storia vera su cui riflettere, che porta avanti in modo diretto e realistico diverse lotte sempre attuali: la lotta per la sopravvivenza, contro i pregiudizi, contro l’omofobia, contro una legge e uno Stato, che non sempre fanno il bene dei cittadini.
Elisa Cuozzo