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Dark Shadows – Recensione

Dark Shadows, l’ultima pellicola di Tim Burton, era attesa più che mai dai fans, e non, del regista statunitense. Si perché, dopo la cocente delusione di Alice in Wonderland (adattamento dei due romanzi Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll), film aimè da dimenticare, quella del vampiro Barnabas Collins era la storia giusta per un ritorno in grande stile. Tratto dall’omonima serie televisiva americana scritta da Dan Curtis negli anni Sessanta e diventata un vero e proprio cult (con repliche, film e spin-off), il film è un progetto fortemente voluto dall’attore feticcio di Burton, il sempre verde Johnny Depp, nelle vesti qui, oltre che di protagonista, anche in quelle di produttore.

Liverpool, 1752. I coniugi Collins salpano per il Nuovo Mondo insieme al loro giovane figlio Barnabas, alla ricerca di fortuna nel campo ittico. Riescono in questo intento e costruiscono un vero e proprio impero in una piccola città del Maine che prenderà il nome di Collinsport. Due decenni dopo Barnabas è erede di questa fortuna e conduce una vita da vero playboy, finché non commette il terribile errore di spezzare il cuore di Angelique Brouchard (una quanto mai “fatale” Eva Green), una giovane serva che nasconde un orribile segreto: è una strega. Decisa a vendicarsi per il rifiuto subito,  Angelique condanna l’amato alla dannazione eterna, prima uccidendo la giovane fidanzata, e poi trasformandolo in un vampiro e seppellendolo vivo. Passano due secoli e Barnabas viene finalmente liberato, ma al suo “risveglio” trova il mondo decisamente cambiato. E’ il 1972 e la sua magione è caduta in rovina, e con essa gli eredi della famiglia Collins…

Nell’immaginario collettivo Tim Burton è sinonimo di creatività, fantasia; dove dark, gotico e favola sono uniti in una commistione perfetta, con uno stile assolutamente riconoscibile e stilisticamente inattaccabile nella sua messinscena. Ed è quest’ultima uno dei punti di forza del film, insieme alla credibilità di attori del calibro dei già citati Depp e Green, della sempre affascinante Michelle Pfeiffer, della più burtoniana (per fattezze e “parentela”) Helena Bonham Carter, e di una giovanissima Chloe Greace Moretz (conosciuta in Kick-Ass e vista recentemente in Hugo Cabret di Martin Scorsese).

Se il cinema ha, nella sua intrinseca natura, il dovere di sorprendere, intrattenere e divertire (e con questo strizziamo l’occhio proprio alle idee di Georges Méliès nel film di Scorsese), allora il cinema di “maniera” del Burton degli ultimi anni non ha niente da rimproverarsi. Guardando con soddisfazione a Sleepy Hollow e ad Edward mani di forbice, il regista americano riprende del primo alcuni lugubri paesaggi e macabre scene,  e del secondo quel senso di pace e beatitudine della perfetta piccola cittadina della provincia americana con alle spalle un castello per nulla rassicurante. Ma se tutto ciò è in linea con l’estetica del regista, la mescolanza dei generi, le sterzate inaspettate al pop, musicale e non, le evidenti citazioni ed ammiccamenti al Nosferatu di Murnau, ed il cameo di Christopher Lee, incredibile interprete di uno dei Dracula più importanti della storia del cinema (Dracula il vampiro diretto da Terence Fisher nel 1958), sono l’aspetto più interessante di un film che non ha la pretesa di emozionare come Big Fish, ma di rallegrare, questo si.

Serena Guidoni
 

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