Dietro i Candelabri – Recensione
Valentino Liberace, nato da madre polacca e padre di origine italiana, fu l’artista più pagato del periodo tra gli anni ’50 e il 1970. Showman carismatico e valente pianista, fu il primo uomo di spettacolo ad imporsi all’attenzione delle folle tramite le stravaganze nell’atteggiamento e nell’abbigliamento. Un eccentrico innovatore, anche nell’ambito della comunicazione televisiva, antesignano di moderne superstar dell’intrattenimento come Madonna o Elton John. Si inizia nella fatidica estate del 1977, quando (quasi sessantenne) incontrò il giovane Scott Thorson (un ringiovanito Matt Damon) e ne fece il proprio braccio destro ed amante. Liti e contrasti, poi la dolorosa rottura, e infine la morte di Liberace stroncato dall’AIDS nel 1987. La regia di Steven Soderbergh, sobria e rigorosa nel mettere a fuoco i personaggi, traccia un ritratto a tutto tondo di questa poliedrica figura lasciando che il suo spirito fuori dagli schemi si imprima nella messinscena. Viene esplorato l’uomo prima che l’artista, l’amore per il palcoscenico misto a narcisismo, le apparenti contraddizioni (fervente cattolico!), il rapporto con la sessualità. Sicuramente un “biopic” rispettoso e insieme di coraggiosa coerenza, perché rifugge a priori qualsiasi compromesso e pregiudizio sia in negativo sia in positivo nei confronti dei protagonisti. Riesce inoltre nell’impresa di viaggiare sulla soglia dello stereotipo e della caricatura senza mai varcarla, servendosi di un umorismo irriverente e scaltro attraverso il quale si ride con l’omosessualità e mai di essa. Quel che altrove bolleremmo come semplice cattivo gusto e speculazione, diviene parte di un discorso oggettivo sull’auto-accettazione e l’auto-determinazione. Ciò vale per diversi aspetti, tra i quali il kitsch ostentato e l’esplicita rappresentazione dell’amore fisico tra Valentino e Scott. Il pubblico etero e conservatore, probabilmente, lo giudicherà inutilmente sgradevole in più sequenze, e non stupisce più di tanto il fatto che negli USA il prodotto sia stato escluso dalle sale degradandolo a tv movie. Lo spettatore italico di aperte vedute farà invece bene a recarsi al cinema per godere della straordinaria performance di Michael Douglas, calato nel ruolo con un mimetismo istrionico percepibile in primo luogo nella modulazione della voce (recuperare se possibile in lingua originale). Chi lo affianca, da Matt Damon a Dan Aykroyd, per quanto bravissimo ne è inevitabilmente sovrastato. Intrigante, riservato a pochi.