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Dom Hemingway – Recensione

Sboccato, senza freni, trascinante, irriconoscibile, one man show: questo è Jude Law in Dom Hemingway, dark comedy piccola, ma decisamente sopra le righe, che prima ci destabilizza e poi ci sorprende, grazie ad una buona messa in scena da parte di Richard Shepard.

Dom Hemingway (Jude Law) è uno scassinatore sbruffone che dopo 12 anni di prigione decide di riscuotere ciò che gli spetta per non aver parlato e aver protetto il proprio capo. Ma una serie di rocamboleschi eventi, lo porta vicino alla morte, alla quale scampa per miracolo, decidendo così di contattare la figlia da cui non ha più notizie. Ben presto, però, si ritrova di nuovo invischiato nell’ attività per cui è diventato famoso: la rapina.

Istrionico davanti alla macchina da presa, che diventa il mezzo con il quale, più che al cast di contorno, parla al suo pubblico in una recitazione decantata come se fossimo a teatro, ma sfruttando tutte le pluralità e possibilità che il mezzo cinema sa dare. Stiamo parlando della performance, unica e prorompente, di Jude Law in Dom Hemingway.

Una pellicola sopra le righe, rocambolesca, che ci tratteggia un personaggio talmente strano, poco affidabile, folle, ma con una voglia di rimettere le cose apposto che non si può non amare.
Dom Hemingway è un film che fin da subito ci fa capire di come si tratti di un’opera tutta costruita sul suo protagonista, che si apre con un Jude Law sfatto a gambe e braccia aperte mentre ci ‘delizia’ con un’ ode al suo pene, recitata come in una parte Shakespeariana in un teatro del West End londinese.

Difficile raccontare nel profondo questa opera frutto di una serie infinita di stranezze e nonsense dove imperano doppi sensi, battute a fulmicotone, giochi di parole (vederlo in lingua originale è davvero una goduria) e un susseguirsi di rocambolesche azioni che, messe le une accanto alle altre, funzionano dando, strano ma vero, anche una certa scorrevolezza alla pellicola.

Ma Dom Hemingway lascia anche lo spazio ai sentimenti di un protagonista che vuole fare ammenda con la propria figlia e che vuole ricostruirsi una vita, ma prima deve compiere altre scorrerie e altri bagni di alcol, per poi finire a piangere sulla tomba della sua ex moglie, il tutto mentre il suo nipotino gli fa capire, solo con lo sguardo, che il mondo è pronto a dargli una nuova possibilità.
Certo la pellicola è anche piena di cose già viste, di cliché, ma Shepard riesce a farci amare un personaggio scorretto, cocainomane, dedito all’alcol e alla violenza, sboccato con il quale, magicamente, ci troviamo in empatia. Un miracolo che solo un attore come Jude Law, che si fa carico dall’inizio alla fine del film, ci poteva regalare, in  un one man show folle una delle sue più grandi interpretazioni di sempre. Se non siamo vicini al Bronson di Tom Hardy, poco ci manca.

Surreale e godibile, trascinante e, molte volte, senza senso. Questo è Dom Hemingway e, nonostante ciò, è uno dei film più interessanti e curiosi di quest’anno.

Sara Prian

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