Duri si diventa – Recensione
Se prima Etan Cohen era uno sceneggiatore di commedie dimenticabili, riuscendo anche a rendere mediocre il franchise di Madagascar con un secondo capitolo tra i peggiori della saga, ora ha deciso di diventare anche regista con “Duri si diventa”, fallendo completamente il compito in un film incolore e intangibile.
La storia è quella di un dirigente di un fondo investimenti che viene truffato e incastrato da un suo ricco cliente, tanto da dover scontare un mese di carcere per truffa. Non riuscendo in alcun modo a dimostrare la propria innocenza, decide di chiedere aiuta ad un malvivente che gli insegnerà a diventare un vero duro e sopravvivere ai giorni di prigione.
“Duri si diventa” è un film piatto che non riesce a sfruttare la verve comica innata di Kevin Hart e Will Ferrell, che fanno di tutto per tenere a galla la commedia senza riuscirci. Cohen prende quello che soprattutto Ferrell potrebbe offrirgli in termini di comicità e ne fa una bolla di sapone, inutile quanto poco tagliente. Questo nonostante l’attore prosegua la scia di personaggi mai davvero positivi che fanno del male a se stessi tanto quanto alla società, diventando, in qualche modo, devastanti. Il suo personaggio, infatti, è un uomo spaventato da qualsiasi cosa viva al di fuori del suo microcosmo e per questo, una volta sbattuto nella “vita reale” diventa una mina vagante in grado di compiere qualsiasi cosa.
In “Duri si diventa”, però, esiste appunto solo Will Ferrell e il suo umorismo personale, senza che esso però si possa imputare alla sceneggiatura o a qualche colpo di genio di Cohen. Infatti, Kevin Hart, che si attiene moltissimo allo script non è funzionale, non riesce a fare da buona spalla e si ritrova appiattito su uno sfondo già ben poco tridimensionale.
Una pellicola dimenticabile, guardabile solamente grazie alle trovate dell’attore principale, unico mattatore del film, dando un senso alla parola divertimento.
Sara Prian