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E la chiamano estate – Recensione

Concorso
 
Terzo e ultimo film italiano in Concorso al Festival Internazionale del film di Roma, E la chiamano estate è anche il terzo lungometraggio del regista bergamasco Paolo Franchi. Dopo l’esordio nel 2004 con La spettatrice, candidato al Nastro d’argento e al David di Donatello come miglior regia, nel 2007 sbarca alla Mostra del Cinema di Venezia con Nessuna qualità agli eroi, che ottenne pareri contrastanti da parte della critica. Accolto in maniera piuttosto negativa dalla stampa presente a Roma, E la chiamano estate è stato oggetto di una conferenza stampa molto movimentata all’interno della quale i giornalisti non si sono risparmiati con i loro giudizi nei confronti del film.
 
Dino e Anna, una coppia di quarantenni, vivono una relazione nella quale non è contemplato alcun rapporto fisico. E’ Dino il motivo di tale rinuncia, il quale preferisce trovare soddisfazione alle proprie pulsioni sessuali rivolgendo le sue attenzioni a prostitute e scambisti. La deriva psicologica di Dino arriva al limite quando arriva a cercare gli ex fidanzati di Anna per sapere come fosse stato il loro rapporto e a chiedere loro di tornare con lei. Anna che dovrebbe, dal canto suo, allontanare da lei il suo compagno, è imbrigliata in un amore tormentato ma, nello stesso tempo, irrinunciabile.
 
In un festival i cui titoli in concorso faticano ad entusiasmare, il film di Paolo Franchi è fino a questo momento quello che convince meno. In un intreccio continuo fra simbologia e psicologia, coscienza ed incoscienza, impossibilità di avere un rapporto e irrinunciabile voglia di viverlo, il film perde il suo appeal rispetto all’iniziale idea che ne scaturisce dalla semplice lettura della trama. Dialoghi e riferimenti ad universi “sofisticati” che il regista avrebbe voluto tradurre per lo schermo, risultano invece pretenziosi e poco chiari.


Serena Guidoni
 

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