Fast & Furious 6 – Recensione
Vrommmmm! Basta girare la chiave sul cruscotto e… lo sentite il rombo assordante dei motori? La saga “Veloce e Furiosa” è tornata più fracassona che mai, capitolo numero 6.
La serie di incredibile (quanto inaspettato) successo (1,5 miliardi di dollari con cinque film) iniziata dodici anni fa con una prima pellicola sulle corse clandestine dello strato suburbano di East Los Angeles sforna l’ultima puntata che chiude quella che potrebbe essere definita una seconda trilogia. E si parte da dove si era finito col capitolo 5 (che, a proposito di successi stellari, due anni fa ha siglato un record da urlo con la bellezza di 626 milioni di dollari incassati in tutto il mondo).
Tutti i componenti della banda guidata da Dom Toretto (Vin Diesel) si sono esageratamente arricchiti dopo il colpo messo a segno a Rio e ora sono qua e là nel mondo a godersi la vita. Toretto e Brian O’Conner (Paul Walker) vivono alle Canarie dove Mia (Jordana Brewster) rende papà Brian e dove Dom ha una nuova compagna, Elena (Elsa Pataky), Han e Gisele si godono Hong-Kong, Tej si rilassa in Costa Rica, Roman vive la vita modaiola del jet-set. Ma col tempo, il non poter tornare a casa e la latitanza forzata diventano dure da sopportare. Intanto l’agente Hobbs (Dwayne ‘The Rock’ Johnson) segue il caso di un’organizzazione di violenti piloti mercenari che sta mettendo a segno spettacolari rapine che celano un piano ambizioso e pericoloso. Il capo dell’organizzazione Owen Shaw (Luke Evans) è coadiuvato da uno spietato braccio destro che si rivela essere Letty (Michelle Rodriguez), la donna amata da Dom e da lui creduta morta. L’unico modo per fermare l’organizzazione è batterli sulla strada: Hobbs propone a Dom di riunire la sua squadra speciale di Londra. In cambio verranno assolti da tutti i crimini e potranno tornare a casa.
La resurrezione di Letty è il colpo di teatro su cui gli sceneggiatori hanno voluto giocare (il personaggio interpretato da Michelle Rodriguez è apparso nel primo film e comparso nuovamente per morire nel quarto capitolo della serie, Solo parti originali, del 2009) ma tant’è, in un film del genere la storia è per lo più un pretesto per le roboanti scene d’azione, vero e unico punto di forza.
E qui si supera davvero sé stessi: se le spettacolari corse per le strade Londra non vi bastano, sorprendetevi con una sequenza all’inseguimento di un carro armato (un ‘modellino’ Chieftain di 10 tonnellate) su un’autostrada dove si fa a gara di persone che volano da un’auto all’altra sfidando le leggi di gravità e dove anche lo spettatore poco amante del genere non può che restare a bocca aperta. Ma non è tutto, il clou si tocca nel finale con una corsa su bolidi indiavolati all’inseguimento dei cattivi che stanno fuggendo su un aereo gigantesco, un Antonov 124, lungo una pista che sembra non finire mai.
E le auto? Questa volta si mixa ancor di più affiancando a modelli classici come la Dodge Daytona del 1969, la Ford Escort Mark -1 del 1971 e la Ford Anvil Mustang del 1969, affascinanti modelli italiani come la fiammeggiante Giulietta Alfa Romeo 2012 e il modello Enzo Ferrari del 2002.
Ma ormai, oltre le corse illegali e le auto modificate, c’è molto, molto di più: il sogno qui è ritrovare l’amore, la vita, la famiglia (barbecue in giardino inclusi)
A dirigere il tutto con indubbio mestiere è ancora una volta Justin Lin (al suo quarto Fast & Furious dopo i capitoli 3, 4 e 5) che si affida ancora al suo squadrone capitanato da Vin (canotta e testa rasata) Diesel che ritrova il suo amore (una Michelle Rodriguez più tosta che mai), contornato alla sua famiglia allargata, il belloccio Paul Walker, la neomamma Jordana Brewster e i fantastici piloti della vecchia squadra. Insieme a quella ‘roccia umana’ di Dwayne Johnson custode della legge, i fenomenali assi della velocità dovranno vedersela col nuovo villain interpretato dall’attore gallese Luke Evans (che vedremo nei panni di Bard l’Arciere ne Lo Hobbit – La desolazione di Smaug).
La tostissima generazione bruciata sull’asfalto del terzo millennio col vizio della corsa dà vita ad un’altra avventura tutta carburante, muscoli e adrenalina, inseguimenti oltre i limiti dell’immaginazione e salti mortali pirotecnici. E non state a chiedervi perché o come, in una saga come questa l’obbligo è abbandonare codici di verosimiglianza e coerenza e farsi trascinare nel gioco (che non siano comportamenti da emulare è più che ovvio, infrangere le regole in modo così sballato è concesso solo a una cricca di pazzoidi sul set di una grande produzione). L’obiettivo qui è uno solo: intrattenimento puro, duro, ultraveloce (rigorosamente indicato solo a chi ama il genere).
D’altronde la velocità è sempre stata una delle componenti fisiologiche del cinema a stelle e strisce in cui tra inseguimenti e fughe, ovvero tra legalità e illegalità, si è da anni andato a consumare, infrangere e infine irradiare l’immaginario degli spettatori. E oggi più che mai.
Ultimo consiglio, non alzatevi sui titoli di coda, c’è una gustosa sorpresa (con tanto di testimonial illustre) che annuncia un futuro, se possibile, ancora più… furioso!
Elena Bartoni