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Fat Cat – Recensione

Cominciato sabato 28 giugno, il Maremetraggio – International ShorTS Film Festival, il festival del cortometraggio di Trieste, arrivato alla sua 15esima edizione, offre alcune pellicole degne di nota, come Fat Cat, già vincitore di numerosi premi all’estero. Un film che diverte nel suo essere grottesco, con personaggi ben caratterizzati e un’ idea nuova di cinema italiano.

Una sera, Burro (Lorenzo Richelmy) e Zeus (Tommaso Arnaldi), due gangster poco esperti, sono in un night club, Zeus, ormai ubriaco, fa il filo ad una ballerina e quando si metta di mezzo il buttafuori, parte un colpo di pistola che uccide la ragazza. La circostanza fa arrabbiare particolarmente il loro capo, uno psicopatico conosciuto come Mosca (Alberto Onofrietti). Nonostante egli li perdoni, uno dei suoi uomini più pericolosi, l’amante segreto della ballerina, medita una vendetta, a mettersi in mezzo poi, arriva anche Don Galante (Roberto Campagnolo), un gangster siciliano che vuole far fuori l’avversario.

Liti fra gangster della mala locale per il controllo del territorio, vendette, accordi e personaggi strampalati, eccessivi, quasi inverosimili. Questo è Fat Cat, la pellicola che mercoledì 2 luglio, il regista udinese Michele Fiascaris presenterà a Trieste.

I gangster poco gangster e molto comici, Burro e Zeus, sono i protagonisti, due giovani inesperti che non si sa come, si ritrovano a rivestire i panni dei fuorilegge. Burro è il più scaltro, il più maturo, deve sempre risolvere le situazioni peggiori commesse dall’imbranato collega, mentre Zeus, che appare più ‘’fulminato’’ che altro, combina guai ed è pasticcione.

Il vero fattore scatenante della divertente trama del film è dato però dalla pazzia ed efferatezza dello stralunato Mosca, interpretato dall’attore teatrale Alberto Onofrietti, che anche se a volte eccessivamente, costruisce ad hoc la figura del leader psicopatico.

Del resto la pellicola è un continuo sottolineare gli eccessi, la vera sostanza del film, che di per sé può contare sua una narrazione poco articolata, semplice, ma scritta probabilmente proprio con l’intento di stupire visivamente e grottescamente.

Buone fotografia (Evgeny Sinelnikov) e regia, qualche difetto sul comparto dialoghi, ma nel complesso il film gode di una sua originalità, seppure siano facilmente individuabili degli elementi tarantiniani e dei film d’azione americani.

Scene surreali, una buona alchimia fra i due scriteriati protagonisti ed una sottile originalità, fanno di Fat Cat una buona prova per il regista udinese trapiantato a Londra, che è riuscito a creare una pellicola divertente e cruda, strizzando l’occhio ai grandi del cinema oltreoceano, ma sperimentando nel cinema nostrano.

Alice Bianco

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