Game Therapy – Recensione
Giovanni e Francesco, giovani amici patiti di videogames (uno di loro è in cura per deficit dell’attenzione) trovano accesso ad un geniale macchinario creato da un ammirato programmatore. Si tratta del Game Therapy, in grado di proiettare nel multiverso ludico la coscienza del giocatore, includendo il rischio di percepire dolore e morire. La situazione si evolve in maniera inaspettata. Meglio le sfide della vita vera, le cui paure valgono la pena di essere affrontate. E’ un piccolo bluff, questo film, o a voler essere buoni un curioso (ma non così interessante) esemplare della frettolosità e del velleitarismo che ammorbano il cinema italiano quando tenta di emanciparsi dalla media della propria produzione. A parte la non originalità delle premesse (senza andare troppo indietro, pensiamo a un popolarissimo titolo nipponico: Sword Art Online), cosa salvare dell’operazione? Tolti gli effetti speciali, tecnicamente curati sebbene già visti, rimane tanto rumore per nulla. La regia si muove sui due piani della realtà e delle sequenze giocate, cercando di integrarle nella compattezza di un discorso omogeneo; il guaio è che su entrambi i fronti non va da nessuna parte. A vederlo come pistolotto psicosociologico lascia molto il tempo che trova, impantanato com’è in un dilettantismo irrimediabile. Banalizzazioni ed inverosimiglianze a volontà, dialoghi spesso atroci, recitazione in teoria “verista” e in pratica sull’orlo dell’inascoltabile. Come prodotto di intrattenimento la situazione non migliora, perché il necessario coinvolgimento non compare se non in sprazzi isolati (pochissimi). Non c’è nerbo né fantasia nelle sequenze giocate (rappresentate con attori in carne ed ossa, e qui non è un punto a favore), statiche ed inconcludenti nonostante il taglio esteriormente agitato. A livello, spiace dirlo, di certi tediosi action movie di serie C firmati da stuntman che si siano recentemente spostati dietro la cinepresa. Paradossalmente è la parte relativa al reale a risultare meno stancante da seguire, grazie al montaggio rapido e, almeno lì, sensato. A chi consigliarlo, tra i possibili target? I giovanissimi videogiocatori vi troveranno moralismo a buon mercato e sbadigli più che attrattive, gli altri possono dargli un occhiata senza farsi aspettative. Ennesima conferma di come i videogames siano un esperienza percettiva diversa dal cinema, da provare e non da rappresentare su grande schermo.