Gangster Squad – Recensione
Los Angeles, 1949, il gangster Mickey Cohen (Sean Penn) sta conquistando la città con i suoi illeciti di alcool e droghe. Compra chiunque, politici, poliziotti, ma non un gruppo molto ristretto di uomini valorosi, che direttamente dal distretto di polizia decidono di combatterlo.
L’impresa non è però facile, nonostante l’astuzia, il coraggio e la voglia di ridurre in frantumi Cohen, ogni cosa sembra essere vana grazie al potere del boss. Così si inizia a giocar sporco, il gruppo speciale antigangster, capeggiato da John O’Mara (Josh Brolin), si mette al pari di Mickey per fronteggiarlo a colpi di boxe. I colpi saranno duri, e l’ego e il potere del potente malvivente sono messi a dura prova, colpirlo dove è necessario, nei carichi di droga, nei palazzi del vizio, ovunque lo si possa fermare. Come ricompensa non ci sarà neanche la gloria per i valorosi uomini, ma solo tanta soddisfazione, è così che si lavora in un’operazione top secret.
Il regista Ruben Fleischer disegna una città degli angeli esplosa, sull’orlo di una guerra civile, la guerra della malavita, della corruzione, tratteggiando i contorni con uno slow motion usato per inseguimenti, sparatorie, esplosioni e scene di bossoli in ogni dove. La pellicola sembra una citazione continua ai grandi film di genere, da Gli Intoccabili, a Scarface, passando per Quei bravi ragazzi, e nonostante siano fatti realmente accaduti, di come negli anni fra la fine dei ’40 e i ’50 sia stata fatta una vera e propria guerra a Cohen e i suoi uomini. Ma, e c’è un ma, neanche il cast di prim’ordine riesce a rendere credibile fino in fondo l’intento del regista, nonostante a Ryan Gosling vengono date volutamente, le battute più divertenti e accattivanti, i personaggi sono solamente accennati e mai approfonditi. L’azione è quello su cui si è voluto puntare e la spettacolarizzazione delle scene, per il resto, nulla più.
Sonia Serafini