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Gebo e l’ombra – Recensione

Quasi 106 anni e il maestro Manoel De Oliveira non smette di stupire, e a seconda dello spettatore, in positivo o in negativo. Gebo e l’ombra infatti, pellicola presentata Fuori Concorso al Festival del Cinema di Venezia nel 2012, seppur dotata di una regia e sceneggiature di qualità, quella tipica del maestro, può risultare difficile da seguire per il classico spettatore.

Nella casa del vecchio Gebo (Michael Lonsdale) e di sua moglie Dorotea (Claudia Cardinale) si ritrovano diversi amici e famigliari per discutere del mondo e dei suoi problemi. Il ritorno inatteso di João (Ricardo Trepa), figlio di Gebo che ha smarrito la retta via, sconvolge gli equilibri interni alla famiglia e provocherà serie conseguenze.

Adattando un testo teatrale del 1923 di Raul Brandão (Gebo et l’ombre) Denaro, De Oliveira ha messo in scena una brillante seppur statica, vicenda famigliare, nella quale i temi principali sono: il denaro, la sua mancanza, come esso produca degli effetti sull’uomo, la crisi economica e degli affetti.

Al centro della vicenda Gebo stesso, un padre contabile, che passata una vita a governare il denaro, ora si trova a fare i conti con un figlio ‘’disgraziato’’, che gli ha lasciato a vivere in casa la moglie Sofia (Leonor Silveira) e l’ha abbandonato. Il padre prosegue la sua vita, in onestà ed impegnandosi nel suo lavoro, João invece è in giro per il mondo dopo aver compiuto qualche furtarello, stanco di vivere la povera quotidianità dei genitori.

Il figliol prodigo un giorno torna a casa e la madre, Dorotea, che da sempre incolpa il marito della partenza di João, lo accoglie a braccia aperte, non sapendo le sue vere intenzioni. L’ombra che è presente nel titolo del film, è proprio la macchia fuggiasca del figlio, scappato dopo alcuni furti e ritornato per reiterare il reato.

Sacrificio, amore incondizionato per i figli e l’onesta sono questi gli aspetti positivi, i valori che Gebo, la famiglia e gli amici vogliono inculcare nei più giovani e nello spettatore stesso, Seduti attorno ad un tavolo discutono e attraverso la parola, fulcro dell’opera, riescono a dar vita ad un galateo della vita, che i più giovani, a cominciare proprio da João, sembrano disprezzare.

Di puro impianto teatrale, con una scenografia caravaggesca, Gebo e l’ombra ha due facce, quella più riflessiva e ‘’anziana’’, che occupa gran parte della pellicola ed una più d’azione, anche se in misura minore, nella fattispecie, quella che vede protagonista il figlio di Gebo.

La pellicola di per sé statica, riprende lo stile tipico della regia di De Oliveira: inquadrature fisse, piani sequenza e campi/controcampi, con un cast di tutto spessore, dal bravo Michael Lonsdale, alla nostrana Claudia Cardinale, con un picco nella spigliata e divertente Jeanne Moreau.

Film chiaramente non per tutti, Gebo e l’ombra si fa pilastro del cinema, frutto dell’abilità di un bravo regista e sceneggiatore, che ha saputo dare in 90 minuti un’ottima lezione di cinema e di vita.

Alice Bianco

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