Godzilla – Recensione
A Tokyo, nel 1999, uno spaventoso terremoto provoca un incidente in una centrale nucleare. Joseph Brody, ingegnere in servizio nell’impianto, vede la sua amata moglie e collega Sandra morire davanti ai suoi occhi. Anni dopo incontra nuovamente il suo giovane figlio, nel frattempo divenuto tenente nell’esercito, e gli rivela le proprie convinzioni riguardo alla vera origine di quella tragedia. Scopriranno che gli Stati Uniti si servirono dei loro cosiddetti test atomici per eliminare una enorme creatura chiamata Gojira e proveniente dalla notte dei tempi, risvegliando così altri esseri dalla potenza distruttiva incontrollabile. Come salvare il Mondo dalla fine imminente? La leggenda fatta lucertolone, nata nel 1954 da incubi e timori del Giappone post-Hiroshima, torna a ruggire in tutta la magnificenza consentita da ogni centesimo del sontuoso budget impiegato. Come modello abbiamo il genere “kaiju eiga” all’insegna della moltiplicazione e della carne al fuoco a volontà, in onore dei vari “Godzilla contro Mothra”, “Godzilla contro Biollante” e via battagliando. Godzilla supera la mera ostilità distruttiva da lui incarnata nel reboot di Roland Emmerich (1998), e compie la naturale (anche cinematograficamente parlando) evoluzione a forza superiore della natura. La visione “Monsters”, precedente incursione nel monster-movie da parte del regista Gareth Edwards, può far prospettare un approccio strutturale comunque antropocentrico. Di fatto così è. Tutto ruota intorno a vicissitudini e traversie individuali degli esseri umani, la loro disperata lotta contro la più grande minaccia mai affrontata, con forte contorno si critica sociale ed ecologista legata all’attualità. In parallelo, appunto, una Guerra dei Mostri senza quartiere, ed il relativo imperversare con conseguenze plateali. Sebbene i due piani siano inscindibili, non sempre la gestione dell’amalgama è scorrevole, quindi come si suol dire prendere o lasciare. Il gigantismo dell’operazione a tratti si appesantisce per eccesso di dialoghi, non è esente da passaggi verbosi o prolissi, però…Che catastrofismi impressionanti per pathos e verosimiglianza! Che poesia nel coniugare la grandiosità dello spettacolo con la suggestione delle atmosfere! E che piglio appassionato nell’imprimere aurea mitica alle apparizioni di questi Titani! Un 3D di notevole efficacia, che espande i campi lunghi e l’immensità delle scenografie, fa il resto. Ricorderemo solo in un secondo tempo la buona prova del cast, con un Aaron Johnson finalmente maturo (sul piano fisico ed interpretativo) ed un Bryan Cranston toccante e versatile. In fin dei conti, al di là dell’accurato disegno dei personaggi e delle nobili tematiche, il film si accende quando risveglia i meandri selvaggi e primordiali della nostra psiche. Nascerà una nuova saga?