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Heart of a Dog – Recensione

“Una storia d’amore è una storia di fantasmi”

Una coda, due orecchie, abbaiare invece di parlare, quattro zampe e un cuore grande e generoso come il migliore tra gli esseri umani. Questa è Lolabelle, protagonista del film di Laurie Anderson, Heart of a Dog, che riporta, dopo 29 anni da Home of the brave, l’artista dietro la macchina da presa.

Anderson decide di raccontare la vita e la morte attraverso il punto di vista  della sua, ormai defunta, cagnolina che diventa, in qualche modo, il suo alter ego e le serve da pretesto per narrare anche la sua esistenza; dall’innocente infanzia, fino alla paura dopo l’attentanto dell’11 Settembre, dove il mondo e le persone hanno imparato a conoscere il terrore da vicino, ma anche a dare significato alla parola speranza.

Heart of a Dog si domanda cosa voglia dire raccontare storie, quale sia la loro essenza e i mille modi in cui essere possono essere narrate. Per fare ciò Laurie Anderson diventa un James Joyce del cinema, trasformando immagini e pensieri in un flusso di coscienza ricco di suggestioni, riflessioni ed immagini in una videoarte cinematografica che esalta il bello del mondo e le emozioni.

La lente sfocata con cui Lolabelle guarda il mondo, diventa il modo migliore per raccontare la propria esistenza, quella di Laurie Anderson, che si fa universale, un viaggio all’interno della mente di una delle artiste più poliedriche mai esistite che, nonostante non sia di facile approccio per un pubblico di massa, risulta interessante nelle sue intenzioni e nel suo bisogno di diffondere l’amore. E di questo, lo sappiamo, ce n’è bisogno.

Sara Prian

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