Heart of a Lion (Leijonasydän) – Recensione
Storia di relazioni, di razzismo, di attualità e di scelte quella raccontata da Aleksi Bardy e portata sullo schermo dal regista finlandese Dome Karukoski.
Teppo (Peter Franzén) è un neo nazista che si innamorerà di Sari (Laura Birn), una donna con un figlio di colore, Rhamadhani (Yusufa Sidibeh). Teppo dovrà decidere se vivere la sua storia d’amore con Sari e costruirsi una famiglia, o se odiare o meno questo ragazzino.
Teppo si definisce un patriota ma altri non è che uno skinhead nazista, uno che con lo sguardo di ghiaccio e la prestanza fisica, ad un primo sguardo fa pensare subito sia violento e senza cuore. L’incontro con Sari porterà Teppo a scoprirsi, perché l’amore che prova per lei, sembra andare anche aldilà delle sue idee e dei suoi principi.
La lotta ovviamente è dura. Teppo non cerca redenzione, si sente colpevole, ma non cerca e nemmeno chiede il perdono. Semplicemente cambia, si evolve e la passione espressa nelle sue lotte, la incanala in quella sua voglia di migliorarsi, di amare ed essere un uomo nuovo.
Oltre all’amore, ovviamente l’odio. Nel film infatti, molte sono le scene di violenza, l’elemento base della vita del protagonista, soprattutto prima dell’incontro con Sari; ma man mano, andando avanti, a prevalere è l’amore, che vede questo temibile neo nazista, sciogliersi come neve al sole.
Bravissimi tutti i protagonisti del film, per aver interpretato dei ruoli che hanno richiesto molto impegnato. Commuovente, forte, tosto ed accattivante, Heart of Lion dimostra come cambiare sia possibile, ma soprattutto è la testimonianza di come l’amore vinca su tutto, anche sui giudizi e le convinzioni.
Alice Bianco