I, Frankenstein – Recensione
Quando si tenta di creare a tutti i costi una storia moderna su una creatura letteraria e leggendaria come Frankenstein, il rischio è sempre quello di incorrere in forzature e banalità che rendono la pellicola meno epica e più deludente di quanto ci si aspetti.
Prodotto da Kevin Grevioux, autore della serie televisiva di successo Underworld, e diretto da Stuart Beattie, I, Frankenstein è un action fantasy che ha come protagonista il personaggio nato dalla penna di Mary Shelley due secoli fa. La “cosa” immortale, creata dallo scienziato Victor Frankenstein, duecento anni dopo, ribattezzata con il nome di Adam, è ancora alla ricerca della propria identità e di uno scopo di vita.
Adam, interpretato da un affascinante e muscoloso Aaron Eckhart, ricorda l’originario mostro solo per qualche cucitura visibile sul volto. Privo di bulloni nel collo o in qualsiasi altra parte del corpo, si muove in modo agile e scattante in una metropoli gotica dove spicca la maestosa cattedrale di Notre Dame, sede dei gargoyle. Adam diventa subito oggetto di persecuzioni e, per la sua ambigua natura, si trova al centro dell’eterno scontro tra bene e male, luce e tenebre, rappresentato rispettivamente da gargoyle e demoni. Tratto dal romanzo, il tema dell’amore e di una compagna, di cui il mostro resta sprovvisto, viene nel film riproposto tramite il personaggio di una scienziata dalla grande umanità, interpretata da Yvonne Strahovski, protagonista della serie tv Dexter.
Una storia rivisitata in chiave moderna, che si sviluppa in modo prevedibile e che non lascia allo spettatore nulla di entusiasmante, se non qualche apprezzabile effetto speciale. Gli autori non raggiungono l’obiettivo di creare qualcosa di originale. A sua volta, Aaron Eckhart (Due Facce ne Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan), a differenza del genere drammatico, non trova in quello fantasy né una sceneggiatura, né un ruolo da protagonista (che sia mostro o supereroe) capace di dare merito al suo talento.
I, Frankenstein può fare presa su un pubblico di adolescenti, amanti dell’horror, ma a stento convincerà il pubblico adulto.
Elisa Cuozzo