I fratelli Karamazov – Recensione
Molte sono state le riduzioni cinematografiche del romanzo di Dostoevskij, ma questa diretta dal drammaturgo Petr Zalenka, è la più curiosa ed interessante. Utilizzando il linguaggio del cinema e rapportandolo a quello teatrale, ‘I fratelli Karamazov‘ gioca con gli attori, lasciando sullo sfondo un ragionamento sulla rottura dell’ ex blocco sovietico.
Una compagnia di attori si riunisce in una acciaieria di Cracovia per fare le prove dell’adattamento teatrale de I fratelli Karamazov, che sarà parte integrante di un festival alternativo. Mentre le prove prendono il via, in parallelo si creeranno delle dinamiche tra gli attori, dove realtà e finzione finiranno per fondersi.
C’è una cosa da dire immediatamente: questo è un film straordinario, costruito con meticolosa attenzione da parte del cast e del regista che ha compiuto qui un doppio percorso. Da una parte c’è l’adattamento teatrale dell’opera di Dostoevskij, dall’altra l’inserimento della stessa all’interno di una sceneggiatura credibile, cinematografica, che si incastra e si alterna perfettamente con la precedente.
Un’opera teatrale, quella messa in scena al’interno del film, che va oltre il palcoscenico, che sfrutta gli spazi che solo il cinema può regalare e che attraverso i luoghi della fabbrica ricrea parti del libro in maniera originale. Una regia innovativa, originale, che sta incollata ai propri personaggi, interpretati da un cast in completo stato di grazia: una gioia vederli recitare.
Zalenka riesce a rendere suo e a farsi portavoce dello stile di Dostoevskij, in grado di creare una polifonia di voci, ognuna delle quali è caraterizzata a 360° e dà una sua particolare visione del mondo. Ma il drammaturgo-sceneggiatore fa anche un passo in più. Lasciando da parte i discorsi troppo filosofici per un pubblico di massa moderno, si concentra sull’analisi dell’essere umano, e dei rapporti che intercorrono.
E così I fratelli Karamazov si trasforma in un pretesto per scavare nel rapporto tra padre e figli, in qualche modo catartico ed espiante, in un confronto che fatica a sanare le proprie ferite tra continui scontri e pochi incontri.
Ma la pellicola di Zalenka, si fa anche, come è normale che sia, sinonimo di vita, specchio dell’esistenza, così come lo è il teatro stesso. I protagonisti della vicenda non sono (solo) i personaggi di Dostoevskij, ma anche chi li interpreta, cioè la compagnia di attori che da Praga viaggia per mettere in scena la piéce a Cracovia, in Polonia.
Proprio nel luogo dove avvengono le prove, in questa acciaieria, si trova un’operaio che ha appena perso tragicamente il figlio di 7 anni e che si trova sempre più coinvolto dalla messa in scena e da questi rapporti padre e figli. Una tragedia che si consuma sul palco ed un’altra che in parallelo viaggia nella vita vera, che è poi pur sempre finzione cinematografica. Ed è così che le dinamiche in scena si trasportano anche fuori dalla scena stessa, in un dualismo affascinante tanto quanto drammatico.
I fratelli Karamazov, arrivato in Italia grazie a Distribuzione Indipendente a sei anni dalla sua realizzazione, è uno di quei film che toccano le vette di alto cinema che riesce a fondere in sé tutta la forza delle arti sceniche che, unite, danno vita ad un’opera potente, artistica, imperdibile.
Sara Prian