I Puffi 2 – Recensione
Smaltita la precedente trasferta newyorkese, prosegue l’aggiornamento made in USA dei famosissimi omini blu creati dal belga Peyo nel 1958. Stavolta il perfido mago Gargamella, che si è stabilito a Parigi ed è divenuto una celebrità esibendosi sul palcoscenico, è in cerca dell’essenza dei puffi per alimentare i suoi poteri. Allo scopo ha creato dei simil-puffi dalla pelle grigiastra, i dispettosi Monelli, ma perché gli siano utili deve prima mutarli in puffi autentici. Rapisce perciò Puffetta, un tempo sua malvagia creazione, per farsi rivelare la formula con cui il Grande Puffo l’aveva resa blu e di buon cuore. Per liberarla i Puffi affronteranno svariate peripezie, al termine delle quali Puffetta capirà che “non è importante chi sei, ma chi decidi di essere”. Finalmente, dunque, l’allaccio con una delle storyline mitiche della saga classica, seppur parzialmente influenzata dall’altrettanto nota storia dei “puffi neri”. Ancora diretto da Raja Gosnell, il film si fonda sulla stessa identica premessa del numero 1: travasare il vecchio vino europeo di Peyo in una nuova botte a stelle e strisce, per poi allungarlo e peparlo a piacere. Un modo molto libero e personale di rispettare l’originale, magari discutibile nel voler essere un po’ di tutto e il più possibile di tutto. E’una prosecuzione dei Puffi storici, una loro rilettura contemporanea, un omaggio, una parodia affettuosa, senza escludere qui e là tratti vagamente satirici. A favore del risultato gioca, paradossalmente, un ulteriore calo nel senso della misura unito ad una gestione più astuta dei tempi narrativi. Il ritmo dell’azione e dei dialoghi si fa decisamente più serrato e soprattutto più continuato, in un turbine di dinamismo fantasy/fracassone. Così le svariate gag e battute, in realtà parecchio discontinue come efficacia e gusto, vengono recepite allegramente prima che qualsivoglia sbadiglio faccia in tempo ad accennarsi. Persino l’immancabile e mielosa morale familistica, nuovamente condivisa tra mondo puffesco ed amici umani, viene almeno sviluppata in forma meno banale e scontata del previsto. Ritroviamo inoltre con piacere la fedeltà nella caratterizzazione dei personaggi e nei loro tormentoni, con divertenti punte di malizia (la suggerita omosessualità di Vanitoso), la sorprendente interazione tra figure cartoon ed attori in carne ed ossa, ed il brioso istrionismo di Hank Azaria nei panni di un Gargamella sopra le righe. Voto 10 e lode al 3D, valore aggiunto da gustare rigorosamente su grande schermo. Chi è disposto a spendere per le tre dimensioni uscirà dalla sala frastornato ed appagato, in attesa di successive incursioni nell’universo blu (a quando Joan e Solfamì, i Mostri Rospi…?)