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Il Commissario Torrente – Il braccio idiota della legge – Recensione

Un Commissario brutto, sporco, sessista, omofobo, scorretto e scurrile, frequentatore abituale di bordelli. Un disastro d’uomo in due parole.
Ecco arrivare anche in Italia Il Commissario Torrente, sottotitolo Il braccio idiota della legge.
Il film in realtà è il quarto capitolo di un franchise di grande  successo in Spagna. La prima pellicola della serie, da noi finora inedita, Torrente, el brazo tonto de la ley, risale al 1998 e aveva portato nei cinema spagnoli più di 3 milioni di spettatori. Sull’onda del successo, arrivarono il secondo e terzo film rispettivamente nel 2001 e 2005. Ed eccoci al Torrente 4.
L’ex poliziotto Torrente, che ormai fa il detective privato, cerca invano di cambiare stile di vita ma in tempo di crisi economica se la passa piuttosto male (tanto che è ridotto a subaffittare il suo piccolo appartamento a una folla di immigrati clandestini). Torrente si ritrova costretto ad accettare un incarico per lui insolito. Contattato da Ramirez, una sua vecchia conoscenza, deve reclutare una squadra per ucciderne il suocero. Ma qualcosa non fila liscio e Torrente si trova incastrato sul luogo del delitto e finisce in carcere. Proprio in una prigione popolata da una colorita fauna umana, deve escogitare un piano per tornare libero e smascherare chi lo ha tradito.
Il sapore del film è indubbiamente trash. Gli ingredienti principali del piatto sono volgarità à go-go (fatta di nudi femminini, battute razziste, maschiliste e omofobe) e frequente ricorso a bassi istinti corporali. Il nostro eroe dalla pancia flaccida indossa sempre la stessa camicia sporca, si muove tra cassonetti dell’immondizia dove va a rovistare per “gustare” qualche avanzo, ballerine (semi)nude di club a luci rosse e immancabili siparietti disgustosi (uno per tutti, il cellulare sporco, “cavato” dal didietro di un aiutante rigorosamente privo di fodera protettiva).
Tra citazioni cinematografiche importanti come Fuga per la vittoria (il nostro Commissario prende ispirazione da quel film per organizzare l’evasione dal carcere) e comparse di lusso come i calciatori Cesc Fàbregas e Sergio Ramos, il film scorre liscio complice anche la breve durata.
Parente stretto del Lino Banfi del Commissario Lo Gatto ma anche di Bombolo e Alvaro Vitali (di cui il regista si è dichiarato ammiratore), Torrente non dice e non fa nulla di nuovo, richiamandosi direttamente all’italica comicità di grana grossa di certo cinema a cavallo tra gli anni ’70 e ‘80.
Forse tutti quegli stereotipi cattivi con battutacce su immigrati e omosessuali potranno anche infastidire, come anche alcune scene volgari che sembrano davvero messe lì gratuitamente e slegate dal contesto (il sogno erotico in prigione). In definitiva però, pur trattandosi di un film che si solleva poco dalla mediocrità, il personaggio del Commissario sporcaccione e di simpatie politiche “franchiste” non si riesce a odiare più di tanto, forse perché l’attore-regista Santiago Segura, da vero amante degli eccessi e di un certo tipo di satira da fumetto, ha volutamente fatto dell’immoralità, del grottesco e del politicamente scorretto, un’arma da lanciare in pasto allo spettatore.
Certo, il film è consigliato sopratutto ai cultori del trash e delle commedie scollacciate all’italiana (sempre più rivalutate come ‘cult’). Ma se detestate la comicità pecoreccia potete tranquillamente evitare o, alla peggio, come ha suggerito il simpatico regista, consigliatene la visione solo ai vostri nemici.
Una risata (grassa) li stenderà, come un pugno nello stomaco.

Elena Bartoni
 

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