Recensioni Film

Il figlio di Hamas – The Green Prince – Recensione

Basato sul best-seller Figlio di Hamas (edito da Gremese), di Mosab Hassan Yousef, che è anche il protagonista di questo documentario, il film di Nadal Schirman, vincitore del Premio del Pubblico al Sundance Film Festival 2014, racconta la storia di vita del protagonista, figlio di uno dei fondatori del Movimento Islamico di Resistenza ed anti israeliano Hamas, considerato dall’Unione Europea un’organizzazione terroristica a tutti gli effetti.

Cresciuto in Palestina, da adolescente Mosab (se stesso) sviluppò un odio nei confronti di Israele che, alla fine lo portò in prigione. Qui, colpito dalla brutalità di Hamas e spinto dalla repulsione per i metodi del gruppo, Mosab iniziò a vedere il movimento come un problema, non una soluzione. Reclutato dallo Shin Bet (il servizio di sicurezza interna d’Israele) col nome in codice di “Green Prince”, per oltre un decennio rimase come spia all’interno dell’élite di Hamas, rischiando la vita e facendo i conti con la sensazione di tradire il suo popolo e la sua stessa famiglia. Nel tempo, il rapporto tra Mosab e il suo mentore allo Shin Bet, Gonen Ben Yitzhak (se stesso), si fece però sempre più forte.

Amicizia, lealtà, verità e pietà umana, valori importanti che traspaiono da questo docu-film ed in particolar modo dai due protagonisti. Mosab e Gonen sono una coppia improbabile, tra di loro, con il passare del tempo, si instaura un legame quasi di fratellanza, che appare quasi impossibile, essendo i due ideologicamente opposti.

Bene e Male infatti acquistano un significato importante e il protagonista, davanti alla realtà dei fatti, decide di schierarsi dalla parte del giusto, diventare un informatore per cercare di porre fine alle stragi di Hamas.

Ambientato in un Medio Oriente che ripercorre proprio i dettagli dell’alleanza tra questi due nemici/amici, il film altri non è che un’intervista accorata fra i militanti, intervallata da sequenze drammatiche e rari materiali d’archivio, che servono a confermare e comprovare le verità rivelate dai due.

Quello descritto e che traspare, è un mondo di terrore, inganno in cui bisogna fare delle scelte, anche se a volte impossibili e approfittando del periodo di paura ed ansia di oggi, il docu-film di Schriman riesce ad entrare in profondità nell’animo dello spettatore.

Non siamo davanti al classico film di spionaggio perché in Il Figlio di Hamas è la realtà a farla da padrone, ma suspense, ritmo e azione, anche a parole, incanalano la pellicola tra questo genere e il thriller, con un’ottima fotografia e una buona colonna sonora carica di tensione.

Cento minuti di adrenalina, scoperte, verità e mezze verità, che riescono a coinvolgere il pubblico e lo portano a riflettere, ad allargare i propri orizzonti, a maggior ragione e a dir poco furbescamente, in questo periodo.

Alice Bianco

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio