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Il Paradiso Può Attendere – Recensione

Il tema della reincarnazione è da sempre argomento di studi e teorie a cui spesso è difficile credere, nel 1978 Warren Beatty assieme a Buck Henry e prima di loro altri registi, hanno affrontato la questione cruciale, che fa parte della vita ed è motivo di riflessione, per credenti e non.
La commedia, è qui il genere prescelto per trattare il tema del dono della vita, del destino e delle seconde possibilità, ed è così che Warren Beatty, interpretando il ruolo del giocatore di football Joe Pendleton, diventa il miracolato, il ricevente di questo dono così unico.
Joe, dopo un incidente stradale, arrivato in Paradiso, per un errore dovuto ad un angelo custode, viene graziato da Mr. Jordan (James Mason), un moderno funzionario celeste, che decide di riportarlo in vita, temporaneamente nelle sembianze di un famoso industriale, Mr. Farnsworth. Dopo che questi viene assassinato dalla moglie, avviene nuovamente il cambio corpo e questa volta è il famoso giocatore di football Tom Jarret, l’anima giusta nella quale incarnarsi.
Ricevuta questa seconda possibilità, Joe sentendosi in un corpo diverso dal suo, ma con un animo ancora vivido, ricco di sogni e desideri, cercherà di mettercela tutta per far sì che la materia, si fonda con lo spirito.
L’anima, nella quale risiede il vero io della persona, si concretizza e scontrandosi con il corpo, dà vita ad una ribellione terrena, Leo Farnsworth cambia atteggiamento nei confronti del suo stile di vita, si batte per l’ambiente a discapito della sua attività di magnate d’industria e si avvicina al football, lo fa diventare una sua passione, impegnandosi ad allenare e modellare il corpo oltre che al suo essere.
I sentimenti, parte integrante di ciò che è la persona, acquistano quindi essenzialità, sono il motore che mette in funzione la volontà di Joe/Leo, lo spronano a conquistare una posizione importante come quella di quaterback nella squadra che autofinanzia e gli permettono di realizzare i propri sogni: aver la possibilità di vincere un’ultima partita ed amare una donna.
Diventa così l’artefice del proprio destino e sul più bello, viene intralciato proprio da un poter superiore, quello di Mr. Jordan, che lo spedisce in un altro corpo, uno più adatto, quello di un vero giocatore di football americano.
Il cambiamento, questa volta, radicale (tabula rasa dei ricordi) sembra però non impedirgli di poter continuare a realizzare ciò a cui si era dedicato prima, mettendo così un lieto fine alla sua travagliata epopea celeste e terrena.
Nonostante il film abbia caratteristiche e temi in comune con film come L’inafferrabile signor Jordan (Here Comes Mr. Jordan) (1941) di Alexander Hall (il protagonista che muore e si reincarna era un pugile) e Heaven Can Wait (1943) di Ernst Lubitsch (il tema dell’aldilà), la pellicola gode di originalità, nella messa in scena, nella sceneggiatura e nella bravura dei suoi interpreti, che con semplicità e naturalezza, senza strafare, hanno saputo raccontare prima di tutto una storia d’amore, di passione, riuscendo a coinvolgere lo spettatore.
Il Warren Beatty in divisa sportiva esuberante, allenato e fascinoso, si contrappone a Jason Mason, vestito con un completo gessato ed un’eleganza che lo contraddistingue. Assieme tendono ad aumentare la vena comica che fa da trait d’union fra le vite precedenti e l’identità finale e definitiva di Tom Jarret, chimica che ritroviamo anche fra Julie Christie e lo stesso Leo/Tom, una storia d’amore che sboccia in entrambe le vite, come se fosse il destino stesso ad attirarli l’uno verso l’altra ed inevitabilmente li faccia innamorare.
Sono passati più di trent’anni, ma Il paradiso può attendere (Heaven Can Wait), riesce ancora a far divertire ed emozionare, sarà per la sua frivolezza o per i buoni sentimenti, sarà per un affascinante protagonista e per la ”magia insita del destino” che si respira, ma la pellicola rimane una tra le migliori prove d’autore di Warren Beatty.

Alice Bianco

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