Il Sud è Niente – Recensione
Esordio alla regia di lungometraggi per Fabio Mollo che porta a Roma, dopo il passaggio a Toronto, la sua particolare visione del sud Italia fatto di silenzi, dolore e capace anche di uccidere.
Grazia ha 17 anni e non è mai riuscita a superare la perdita del fratello Pietro, scomparso in circostanze misteriose in Germania. La ragazza non ha mai sentito in sé la femminilità e si è sempre comportata da maschiaccio, silenziosa e poco sorridente. Più volte capiterà a Grazia di essere convinta di vedere suo fratello per questo cercherà di mettere luce sulla morte di Pietro aiutata da Carmelo, figlio di un giostraio.
Il sud di Mollo è, prima di tutto, una condizione dell’essere e dell’anima. E’ un territorio che rivive in Grazia, nel suo essere cosi taciturna e piena di fantasmi che non la lasciano tranquilla. Lo stesso silenzio così forte, così urlante è il vero protagonista de “Il Sud è niente” che si esplica attraverso due canali.
Nel rapporto quasi muto tra padre e figlia e in quello della classica omertà che aleggia in quelle zone descritte dalla pellicola. Ma tutto questo non è un silenzio curativo, che parla da sé e si lascia comprendere, è un silenzio lacerante, che scava e ferisce come il masochismo della protagonista che vede l’automutilazione come l’unico spiraglio di ribellione.
Il Sud di Mollo è anche un luogo di simboli e metafore, dove l’immersione nell’acqua per Grazia si trasforma nel calarsi dentro il punto di origine, il grembo materno, la possibilità di rinascita, ma anche di cercare una comunicazione verso quell’altro territorio, parlando dello Stretto di Messina, che sembra irraggiungibile e lontano, ricco di possibilità per una nuova vita e che, simbolicamente, potrebbe anche rappresentare il fratello della ragazza.
L’insieme di realismo, elementi onirici e simbolici sono il punto di forza di un buon esordio che perde qualche punto nell’essere troppo piatto dal punto di vista del tono. Le apparizioni di Pietro risultano, infatti, trattate allo stesso modo del plot principale, senza distinzioni e questo finisce per appiattire e a togliere via un po’ di emozione a quella che poteva essere una grandissima messa in scena.
Una struttura forse leggermente troppo rigorosa, per una pellicola che avrebbe dovuto lasciarsi più andare alle emozioni che alla tecnica, ma che fa in ogni caso davvero ben sperare per il cinema di Fabio Mollo.
Sara Prian