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In grazia di Dio – Recensione

Semplicità, genuinità e grande realismo, queste le qualità della nuova pellicola di Edoardo Winspeare, che ha portato sul grande schermo con discrezione e tatto, un tema attuale come quello della crisi economica, visto però con uno sguardo nuovo, quello delle donne del Sud, che senza perdersi d’animo pensano a farcela e al futuro.

Basso Salento. Una famiglia di sarti è costretta a chiudere la fabbrica a causa dei debiti e della crisi. Un fratello emigra e va a cercare fortuna in Svizzera, le due sorelle, Adele (Celeste Casciaro) e Maria Concetta (Barbara De Matteis) tornano in campagna dalla madre, Salvatrice (Anna Boccadamo): una continua ad aspirare e sperare di diventare attrice, l’altra si impegna a lavorare la terra. La figlia di Adele, Ina (Laura Licchetta) infine, non vuole affrontare l’esame di maturità ed è contraria alla storia d’amore tra la nonna vedova e Cosimo (Angelico Ferrarese), un contadino.

Nonostante in questo ultimo periodo di difficoltà economica e sociale, il cinema abbia sfornato decine di film di vario genere con al centro proprio questo tema, con In grazia di Dio però, il regista nonché sceneggiatore Edoardo Winspeare (assieme ad Alessandro Valenti) ha dimostrato di saper trattare brillantemente un argomento così ricco di spunti di riflessione, affidando tutto alla quotidianità delle donne del meridione.

A comporre l’intelaiatura di questa pellicola di impianto naturale e matriarcale, sono proprio tre generazioni femminili, che convivono, con non poca complessità, sotto lo stesso tetto: Salvatrice, la madre e nonna, Adele e Maria Concetta le figlie e sorelle ed infine Ina, la figlia di Adele.

In maniera diversa, chi impegnandosi di più chi di meno, dotate di diversa personalità, le quattro donne affronteranno il difficile periodo, tra liti interne e gelosie, dimostrando ognuna il temperamento che le contraddistingue, nel raggiungere i loro obiettivi. Nel film infatti, la figura maschile, ad eccezione del più anziano, Cosimo, ha un ruolo passivo, relegata a mansioni da scrivano (Stefano) o di ozio, come i ragazzi amici di Ina.

La pellicola, coraggiosa e realista, nonostante un’elevata dilatazione dei tempi in alcune scene e le difficoltà che lo spettatore potrebbe incontrare a causa del dialetto pugliese ed una sensazione di non finito al termine, riesce nel suo scopo presentando allo spettatore un vero e proprio film neorealista.

I ‘’panni sporchi’’ vengono egregiamente portati sullo schermo, sbandierati da una comunità femminile, vero perno dell’opera, ma ciò che colpisce di più è il messaggio positivo di speranza ed ottimismo che le quattro infondono, cercando di migliorare il proprio status senza arrendersi.
Ciliegina sulla torta, i paesaggi del Salento, che oltre a far da sfondo alle vicende, regalando allo spettatore degli stupendi panorami mozzafiato, finiscono per essere considerati personaggi stessi dell’opera, che votata alla contemplazione della natura, ne sottolinea così la sua genuinità.

Alice Bianco

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