In Trance – Recensione
“Vuoi ricordare o vuoi dimenticare? La scelta è tua”
Se volessimo descrivere “In Trance”, il nuovo film di Danny Boyle, potremmo perfettamente usare la definizione medica di uno stato psicofisico caratterizzato da insensibilità a stimoli esterni, stato di semi incoscienza, dissociazione della psiche. Altrettanto bene andrebbe la definizione che vede la trance come un momento di esaltazione provocato da fattori esterni. Il tutto indotto attraverso ipnosi.
Entrambe le caratteristiche si sposano bene con la pellicola che, utilizzando il metodo medico, trasformano il protagonista Simon, in una persona più volte presa da stati di esaltazione reali o immaginari che essi siano.
James McAvoy interpreta proprio Simon Newton, un rapinatore, che fa il doppiogioco lavorando per un’asta di quadri. Quando però il furto non va come previsto, il capo della gang (Vincent Cassel) deciderà di sottoporre il ragazzo ad ipnosi grazie ad una psicoterapeuta (Rosario Dawson) per aiutare Simon a ricordare dove ha nascosto il quadro. Ma questo farà scattare nella sua mente altri ricordi chiusi in gabbia.
Ancora una volta Danny Boyle si diverte a destabilizzare lo spettatore dal suo equilibrio portandolo in un viaggio attraverso suoni, colori e riprese pindariche. Il regista manipola, proprio come uno psicoterapeuta, la percezione del pubblico su quello che sta accadendo, continuando a cambiare prospettiva sui protagonisti, che un minuto prima sono le vittime ed un secondo dopo si trasformano in carnefici.
Ma tutto quello che sta accadendo è frutto della mente di Simon o sta accadendo veramente? Come fa spesso anche Aronofsky, Boyle si diverte a centellinare allo spettatore le risposte, ricostruendo con un ritmo assolutamente perfetto, i fatti. Il pubblico medio si divertirà a risolvere questa pellicola-rompicapo, senza cercare significati profondi, solo barcamenandosi tra realtà, continui cambi di fronte e proiezioni della mente di Simon.
Se in “127 ore” Boyle si era concentrato sull’importanza delle ambientazioni esterne, co-protagoniste con Franco, qui a fare da padroni sono gli interni di una Londra fatta di appartamenti ultra moderni, composti da linee orizzontali e verticali che si susseguono continuamente in un incessante progredire di forme geometriche. Non manca, poi, il senso del doppio, nel continuo uso degli specchi, utili a dare i primi indizi agli spettatori più attenti.
Il cineasta riesce con questo “In Trance” a fondere più generi, partendo dall’heist movie iniziale, passando per il dramma psicologico alla “Black Swan” fino ad arrivare ai thriller-action, che lascia un po’ sullo sfondo le psicologie dei personaggi, fino ad allora, ben raccontate.
Un film elettrizzante, coinvolgente, a tratti forse un po’ troppo meccanico, ma che riesce a colpire nel profondo soprattutto per le grandi capacità di Boyle di mettere in scena una pellicola di grande ambizione psicologica.
Sara Prian