Io che amo solo te – Recensione
Il cinema italiano, se non per qualche eccezione, continua ancora a zoppicare per quanto riguarda le commedie romantiche. Ogni tanto vediamo spiragli di luce in qualche film, ma sono davvero sporadici e sicuramente “Io che amo solo te” non ne fa parte. Sì perché il film di Marco Ponti, tratto dall’ominimo libro di Luca Bianchini, fa invece parte di quella serie di commedie prodotte in serie, tutte uguali, di quelle che ti fanno dire “viste una, viste tutte”.
Se pensavamo che i cinepanettoni fossero ormai cosa passata, dobbiamo ricrederci: hanno assunto nuova maschera, nuovo volto e si nascondono nella debolezza di sceneggiature come questa, dove il livello di trash raggiunge picchi altissimi, mettendo anche noi critici in difficoltà nel giudicare la pellicola nel suo complesso.
“Io che amo solo te” racconta la storia della cinquantenne Ninella e del suo grande amore per don Mimì, con il quale non è mai riuscita a sposarsi. Una seconda possibilità per loro potrebbe nascere il giorno del matrimonio tra i loro rispettivi figli, Chiara e Damiano. La futura suocera di Chiara, però, proverà di tutto per assicurarsi che la passione tra Ninella e don Mimì non nasca di nuovo.
La pellicola di Ponti manca completamente delle fondamenta che rendono un film qualcosa di buono: regia, sceneggiatura e recitazione peccano di superficialità quanto di consapevolezza del mezzo che tutti gli agenti in campo hanno in mano. La stessa messa in scena risulta stucchevole e troppo da cartolina, strizzando l’occhio allo spettatore/turista che vede i magnifici paesaggi pugliesi. Il problema è che anche qui, ricordando come erano in grado di trasformare questi paesaggi registi come Rossellini (vedi Stromboli), sembra di essere davanti ad un catalogo Valtur, dove la location deve mostrarsi al meglio senza diventare, anche lei, un personaggio all’interno del racconto.
Se fosse solo questo sbaglio, si potrebbe sorvolare è che “Io che amo solo te” manca proprio la coscienza di quello che si sta facendo, la struttura narrativa scricchiola ad ogni avvenimento che avviene sullo schermo, contornata da interpretazioni ancora più deboli e scialbe, più adatte, probabilmente ad uno sceneggiato televisivo che al grande schermo.
“Io che amo solo te” dimostra che il cinema italiano fatica a rischiare, ad osare e quando lo fa, poi il pubblico difficilmente lo riconosce così da trovarsi poi le spalle voltate dalle produzioni che contano. Chissà quando si apriranno gli occhi…
Sara Prian