Io e Te – Recensione
A distanza di nove anni dal suo ultimo film (The Dreamers) dopo aver attraversato i gravi disagi di una malattia che lo ha costretto su una sedia a rotelle e dalla perdita del fratello, Bernardo Bertolucci torna con Io e Te, film ispirato al romanzo di Ammaniti, che ha anche partecipato alla sceneggiatura.
Lorenzo è un adolescente egocentrico e solitario che invece di andare in settimana bianca con la classe, all’insaputa della madre, si rifugia nella cantina del palazzo dove ben organizzato porta con se musica, cibo e un formicaio come unica presenza di vita.
Finalmente è lontano dalle regole dettate dal mondo esterno e dalle pressioni degli adulti.
Ma la sua ben organizzata solitudine viene interrotta da Olivia, sua sorella, un artista di Catania che tenta di superare la sua tossicodipendenza. Lorenzo non la vuole ma Olivia non ha un posto dove stare e sa essere persuasiva. I due ragazzi convivono per una settimana in questo spazio buio ma caldo, quasi simbolo di un guscio materno in cui i due ragazzi soli scoprono il sentimento della fratellanza e si svelano lentamente l’uno all’altro.
Olivia e Lorenzo creano un legame profondo attraverso il quale riescono ad aiutarsi a vicenda, il loro rapporto diventa quello scambio in cui l’uno dona all’altro quegli strumenti che fino ad ora non hanno ricevuto che gli permettano di suonare la loro musica.
La sorella maggiore con l’aiuto di Lorenzo riesce a superare le crisi d’astinenza e rafforza la sua determinazione nel combattere la sua dipendenza, mentre Lorenzo impara ad instaurare un rapporto affettivo con l’altro senza più paure, e a prendersi cura di Olivia.
I due fratelli creano un legame talmente profondo che riescono a sostenersi nel difficile confronto con la realtà del mondo esterno. Un legame inaspettato che loro mai avevano vissuto prima, colmando quel vuoto affettivo che le loro famiglie non hanno saputo dare.
Così Lorenzo ed Olivia si risvegliano mano nella mano, promettendosi di non nascondersi più alla vita, dandosi la possibilità di evolvere e di andare verso una vita migliore. Bernardo Bertolucci ci lascia nel finale una sognante speranza in cui credere lasciandoci andare sulle note di Space Oddity di David Bowie nella versione italiana di Mogol, Ragazzo solo, ragazza sola, canzone composta nel 1969.
Bravissimi i due attori esordienti Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, quest’ultima artista sia nel film che nella realtà.
Lavinia Origoni