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Jack of the Red Hearts – Recensione

Jack è il soprannome della diciottenne Jacqueline, Coke quello della sua sorellina. Sole al mondo, affidate ai servizi sociali, fuggono e vengono colte in flagrante in un atto illegale (non grave) rischiando così di doversi separare. Per ottenere l’affido di Coke, Jack decide così di truccare la propria identità e riesce a trovare lavoro come babysitter di una bimba autistica. Dal rapporto con la piccola Glory nasce l’intesa, che si tradurrà nei primi progressi importanti. Tipica dramedy a tema sociale, costruita sui dialoghi e fiduciosamente poggiata sulle spalle degli interpreti. Se è vero che le buone intenzioni non sono sinonimo di buon cinema, stavolta la sufficienza è raggiunta con riserva. L’arma vincente, tuttavia a doppio taglio, è il deciso rifiuto del sensazionalismo e delle divagazioni lacrimevoli a favore di una franchezza  che punta a comunicare messaggi importanti senza dispiacere a nessuna fascia di pubblico. In parte il proposito si realizza grazie alla regia di Janet Grillo, garbata nell’esplorare le psicologie dei personaggi e, pregio da non dare per scontato, mai noiosa. Ha inoltre dalla sua la presenza di Anna-Sophia Robb, non la più dotata delle giovani bionde di Hollywood ma attrice gradevole e dal discreto carisma, capace di evitare la trappola del patetico quando alle prese con ruoli drammatici. Riuscito anche il ricorso all’ironia, sebbene sporadico.  Il film si avvicina purtroppo alla media di un tv movie per quanto riguarda lo sviluppo della narrazione, gravato da prevedibilità e programmatica rigidità. E l’approccio “disponibile” verso lo spettatore va a scapito di una rappresentazione attendibile dei problemi reali, nella prudenza rischia il ruffiano. Non mancano le cadute in soluzioni registiche pretenziose (la visualizzazione del mondo esterno filtrato dagli occhi di Glory), mentre non va definito tale l’inserimento di uno spezzone significativo del film “Anna dei miracoli” (1962) con Anne Bankroft. Ha il solo torto di creare un confronto con un livello di recitazione inarrivabile, e non per colpa della Robb! Corretto e lontano dalla speculazione, “Jack of the green hearts” è debole quanto a consistenza e pregnanza comunicativa. Dopo averlo visto, con piacere, non rimane impresso e non insegna nulla di nuovo. Scivola via come l’olio, al più depositando nel nostro subconscio una spruzzata di ottimismo.

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