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Jane Eyre – Recensione

Il regista Cary Joji Fukunaga (Sin Nombre) e la sceneggiatrice Moira Buffini hanno dato vita ad una nuova e audace versione cinematografica di Jane Eyre, romanzo di sapore gotico di Charlotte Bronthë. La storia è quella che ha fatto sognare le donne di ogni epoca: Jane Eyre è un’orfana intelligente e sensibile costretta a crescere in una scuola cattolica rigida e severa. Raggiunta la maggiore età, la ragazza viene assunta come insegnate privata della piccola Adele, la pupilla del potente Mr. Edward Rochester. Quando l’uomo torna a casa, scopre che la nuova governante ha un animo puro e sincero, così inevitabilmente se ne innamora e le chiede di sposarlo. Jane accetta immediatamente  ma, sull’altare, scopre che l’uomo custodisce un terribile segreto di cui era all’oscuro. La ragazza fugge lontano ma, dopo anni, un sentimento mai sopito la spinge a tornare dall’uomo che ha sempre amato, anche se dovrà affrontare una nuova triste realtà. Già nell’incipit è evidente come la struttura del film tradisca quella lineare del romanzo originale, infatti la pellicola si apre con la fuga di Jane da Thornfield Hall dopo il mancato matrimonio per poi balzare indietro nel tempo mostrando frammenti della sua infanzia tormentata in affido alla feroce zia e del trasferimento nella rigida scuola religiosa in cui la piccola Jane viene spedita. Tuttavia dopo un folgorante inizio fatto di continui rimandi fra presente e passato, grazie all’uso di flashback, anche Fukunaga riprende un tipo di narrazione classica più in linea con la tradizione del romanzo.  Mia Wasikowska (Alice in Wonderland, I ragazzi stanno bene) e Michael Fassbender (X-Men L’inizio, A Dangerous Method) interpretano in maniera impeccabile i ruoli dei protagonisti che, grazie anche al mirabile lavoro della Buffini, presentano una psiche più complessa e ricca di sfumature. Altro elemento innovatore presente nel film è l’utilizzo dell’ambiente: la sterminata brughiera del Derbyshire, in cui è immersa la splendida magione di Haddon Hall (Thornfield Hall nel film), assume connotazioni psicologiche a tratti sconcertanti facendosi personaggio tra i personaggi. Rispetto al ruolo di mera cornice idilliaca cui era relegato l’ambiente nel romanzo Ottocentesco, Fukunaga gli affida invece un ruolo di primo piano, tutt’altro che passivo, rendendolo lo specchio emotivo dei tormenti e delle passioni dei personaggi. Una natura che vibra dunque e dei personaggi estremamente moderni caratterizzano ulteriormente questa pellicola elegante e coraggiosa che ha il merito di aver dato nuova vita ad una storia d’amore immortale.

Sara D’Agostino

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