Jobs – Recensione
Arriva nelle nostre sale il biopic su Steve Jobs diretto da Joshua Michael Stern ed interpretato da Ashton Kutcher, in una pellicola troppo statica per essere davvero convincente.
Il film ripercorre la carriera e la vita di Steve Jobs dal momento in cui nasce l’idea della Apple fino al culmine del suo successo.
Mettere nelle mani di un regista così poco esperto di questo genere di film come Stern è stata fin da subito una scelta sbagliata. “Jobs” infatti, rivela quasi nell’immediato i suoi limiti in un biopic che invece di entusiasmare, mette noia.
Il messaggio di cui il fautore della Apple si è sempre fatto portatore qui non riesce ad arrivare in maniera pungente e diretta, questo perché dilatato in una lunghezza eccessiva in cui lo spettatore ha già perso interesse dopo un’ora che sta vedendo sempre le stesse scene ripetute solo con cambio di pettinatura o vestiti da parte dei protagonisti.
L’estrema staticità della struttura narrativa (praticamente per due ore si ripete continuamente lo stesso schema: problema da risolvere – soluzione. Il tutto sempre in quelle quattro mura dell’ufficio) e la scelta di raccontare la biografia di Jobs in maniera cronologica senza spaziare dal passato al presente, rendono il film pesante ed estremamente ripetitivo.
Questo nonostante una delle sequenze iniziali, con musica classica e Steve visto come un direttore d’orchestra dei suoi progetti e sogni, avesse fatto ben sperare. Invece il tutto gira e si accartoccia su se stesso, come un’idea abbozzata, mal riuscita con tantissime possibilità che non riescono a prendere vita.
Il ritratto di Steve Jobs che ne esce è antipatico, difficile da digerire, con scelte e modi discutibili che, anche se nella seconda parte mutano e crescono in positivo, rimangono incollati allo spettatore già irritato da un film che non sembra andare da nessuna parte. Perché se è vero che tutti ormai sappiamo com’è finita e conosciamo i successi del magnate della Apple, ci interesserebbe scoprire com’è stata la nascita delle idee, ma qui niente viene reso interessante agli occhi del pubblico.
Anche Ashton Kutcher non riesce a sparire del tutto dietro le sembianze di Jobs, il suo faccino pulito legato troppo spesso a commedie di basso livello, prende anche qui il sopravvento sulle fattezze di Steve a cui riesce ad assomigliare veramente solo nell’ultima parte.
“Jobs” è un film dalle grandi potenziali messo però in mano ad un regista con alle spalle piccole produzioni e ad uno sceneggiatore esordiente come Matt Whiteley che non riescono ad omaggiare in maniera ottimale una delle figure più significative di questo secolo.
Sara Prian