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Johnny English – La rinascita – Recensione

Tremate! L’agente segreto più maldestro del mondo è tornato. Ed è più “mortale” che mai!
Dopo cinque anni di vita eremita tra le montagne del Tibet per nascondersi in seguito al fiasco di una missione in Mozambico di otto anni prima e dove si sottopone a un duro addestramento per controllare la forza mentale prima di quella fisica, l’agente Johnny English viene convocato a Londra per un nuovo incarico. L’organizzazione per cui lavora, la MI7, ora è diretta da Pamela Thornton, nota come “Pegasus”, che dissuade l’agente dall’agire con i suoi vecchi metodi. English torna a lavorare con alcuni suoi colleghi come l’agente Ambrose, noto come Agente Uno, e con Patch Quartermain, esperto di armi e bloccato su una sedia a rotelle. Johnny è folgorato dalla nuova entrata nella squadra, la psicologa comportamentista Kate Sumner. La missione è delicata: English deve recarsi a Hong-Kong e incontrare l’ex agente CIA  Fisher che è a conoscenza di un complotto per assassinare il Premier cinese Xiang Ping. Lo affiancherà il giovane agente Tucker. A Hong-Kong Johnny scopre che  dietro al complotto c’è la misteriosa organizzazione Vortex che possiede una micidiale arma segreta. Toccherà a lui smascherare gli uomini del Vortex. 
La rinascita infinita dei “cloni pasticcioni” del più famoso agente segreto 007 qui passa per l’inconfondibile talento comico di Rowan Atkinson che torna a vestire i panni dell’agente Johnny English otto anni dopo il fortunato primo film. E le cose acquistano subito un sapore particolare. Il film, più che una semplice parodia bondiana, è un thriller comico con tutti i crismi. Si perché questa volta si è fatto “sul serio” (virgolette d’obbligo), ricreando un’avventura dal contesto autentico, più seria e realistica, insomma una storia più strutturata dove non avrebbe sfigurato il vero James Bond. La posta in gioco questa volta è davvero alta per il povero Johnny come per un serio agente segreto, la ragnatela in cui si trova legato infatti comprende CIA, KGB e persino la ‘sua’ MI7.
Inutile dire che si è giocato sul velluto sfruttando le eccezionali doti di Atkinson, prima su tutte la sua ineguagliabile mimica facciale (vedere per ridere: i tic nervosi  che fanno “impazzire” i suoi occhi al suono della parola “Mozambico” o la vocina femminea che gli esce dopo aver inghiottito per sbaglio una delle magiche pastiglie da viaggio “cambia-voce”).
E così via, tra inseguimenti a perdifiato (senza perdere tanto fiato in realtà) sui tetti di Hong-Kong, partite a golf con temibili spie russe, voli in elicottero ad ‘altezza autostrada’, inseguimenti a bordo di Rolls Royce a comando vocale, l’inglesissimo agente segreto ne combina, tanto per cambiare, di tutti i colori.
Ad affiancarlo questa volta una squadra di attori da “serie A”: Gillian Anderson (la star di X-Files) nei panni del capo “Pegasus”, Rosamunde Pike in quelli di una bella psicologa di cui l’agente si innamora, Dominic West nel ruolo dell’affascinante Agente Uno e Daniel Kaluuya nei panni del fido agente in erba Tucker. Dirige l’orchestra l’inglese Oliver Parker, regista che finora si è fatto notare per la capacità di passare da adattamenti di Oscar Wilde lievi ed eleganti (Un marito ideale, L’importanza di chiamarsi Ernesto) a divertenti commedie tratte da vignette satiriche (come St. Trinian’s e il sequel St. Trinian’s 2: The Legend of Fritton’s Gold ) per tornare ancora a Wilde con un originale adattamento di Dorian Gray.
Da Hong-Kong alle Alpi, da Londra a Macao, il temibile agente corre (si fa per dire) senza stropicciarsi l’abito, saltella (e lo fa dentro a sacchi per cadaveri!), si nasconde (ma poi spara razzi segnaletici), ammicca e … si mette perfino il rossetto!
La palma delle sequenze più divertenti va alla corsa con la sedia a rotelle motorizzata (dotata del comando “fottutamente veloce”) per l’immenso viale davanti a Buckingham Palace. 
Per tutti coloro che amano e hanno amato Mr. Bean ma anche per chi vuole farsi due “sane” risate.
Un consiglio: non perdete d’occhio quella spietata killer cinese armata di aspirapolvere!

Elena Bartoni

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