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La bella gente – Recensione

In Italia accade spesso inspiegabilmente che film, anche piuttosto interessanti, vengano distribuiti in pochissime copie o, ancor peggio, non vengano distribuiti affatto. Si è costretti invece, ormai troppo frequentemente oserei dire, ad assistere a commedie inutili, cinepanettoni di evidente scarsa qualità o ancora teen movie culturalmente degradanti. È un fatto assolutamente assurdo che penalizza un cinema italiano sempre più in crisi e non consente a registi meritevoli di poter far conoscere le proprie opere. È ciò che è accaduto al brillante cineasta Ivano De Matteo e al suo film La bella gente, letteralmente “bloccato” da un fantomatico distributore che ne non acconsente al rilascio del film nelle sale italiane. Già distribuito in Francia, La bella gente è un’opera molto toccante che porta a riflettere, sicuramente ben scritto (la sceneggiatura è di Valentina Ferlan) e ben diretto, nonché magistralmente interpretato da un cast di attori del calibro di Elio Germano, Monica Guerritore ed Antonio Catania. I protagonisti del film sono Alfredo (Antonio Catania) e Susanna (Monica Guerritore), coniugi cinquantenni, che conducono una vita agiata e ricca di impegni. Quando si trasferiscono per le vacanze nella loro splendida villa in Umbria, Susanna, che a Roma lavora in un centro per donne che hanno subito violenze, decide di aiutare una giovane prostituta maltrattata dal suo protettore. Con il consenso di Alfredo, Susanna porta Nadja a casa con loro e la ragazza sente di poter vivere una vita più felice di quella che ha avuto sinora. Incuranti delle chiacchiere e delle conseguenze della loro scelta Alfredo e Susanna si affezionano sempre di più alla giovane fino a quando in casa non arriva il loro figlio Giulio (Elio Germano) insieme alla fidanzata Flaminia. L’attrazione fra Giulio e Nadja darà uno scossone alle convinzioni di Susanna ed Alfredo, che non si riveleranno tanto diversi dalla “bella gente” piena di vuoti ideali che sono soliti frequentare. Ivano De Matteo va a toccare temi spinosi che descrivono alla perfezione  la malata società odierna, fa un’aperta critica a quelle persone che fingono di possedere grandi ideali, ma che alla fine li smarriscono nella loro pochezza; colpisce al cuore quella bella gente che è protagonista del suo film. Un po’ come lo straniero venuto dal nulla in Teorema di Pasolini, anche  Nadja, con la sua sconcertante e sensuale bellezza, porta a galla le falsità e le lordure della classe borghese scardinandone i finti valori. De Matteo dirige il tutto senza troppi fronzoli ed indugiando spesso su significativi primi piani, espressioni o paesaggi. In un film dove l’avere sicuramente prevale sull’essere, l’uomo rivela tutta la sua imperfezione e il regista la amplifica ed enfatizza con il frequente uso di immagini riflesse o distorte in specchi e vetri. Dunque un film che scuote e fa rabbrividire, ma soprattutto in grado di far riflettere.

Sara D’Agostino

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