La Fredda Luce del Giorno – Recensione
Tutti i mezzi sono buoni per scappare: in auto, in metropolitana, in autobus, a piedi. E questo action movie non ne risparmia nessuno. Dalla notte fino alla fredda luce del giorno.
Will Shaw (Henry Cavill) giovane consulente finanziario di San Francisco, arriva in Spagna per raggiungere la sua famiglia in vacanza in barca sulla Costa Brava. Ma il giovane non è sereno: le difficoltà della sua azienda e il rapporto teso con il padre Martin (Bruce Willis) lo rendono molto nervoso. Quando all’improvviso sua mamma e suo fratello con la fidanzata vengono misteriosamente rapiti, Will si trova di fronte a una sconvolgente verità. Suo padre, riapparso all’improvviso, gli confessa di avergli sempre nascosto il suo vero lavoro: è un agente della CIA specializzato in missioni sotto copertura invischiato in una fitta rete di segreti e bugie che vede coinvolti diversi governi. Martin gli rivela quindi che i loro familiari sono stati rapiti da alcuni agenti impegnati a recuperare una misteriosa valigetta. Ora Will deve cercare di salvare la sua famiglia. Con i rapitori che fanno il conto alla rovescia, con la polizia alle spalle che lo accusa per un omicidio che non ha commesso e con alcuni misteriosi killer alle costole, il giovane inizia una estenuante fuga attraverso Madrid.
Una fitta rete di complotti, segreti, oscure trame e tante domande senza risposta. E un uomo in fuga ancora una volta in una città per lui straniera, come ce ne sono stati tanti nella storia del cinema. Gli sceneggiatori Scott Wiper e John Petro volevano giocare su un’idea non nuova ma sulle prime interessante. Peccato che il (troppo) coraggio del giovane protagonista in fuga trasudi inverosimiglianza da tutte le parti.
E in mano al regista francese Mabrouk El Mechri la vorticosa girandola di intrighi intergovernativi, inseguimenti, sparatorie, diventa una ruota impazzita che gira su sé stessa praticamente a vuoto.
Il giovane Henry Cavill ci mette la faccia e rischia il passo falso nella sua promettente carriera (lo vedremo nel nuovo Superman: The Man of Steel di Zack Snyder), il sempre coriaceo Bruce Willis appare nel primo quarto d’ora di film ma la sua presenza resta incolore e la stagionata diva Sigourney Weaver fa la cattivona senz’anima.
Troppi misteri messi lì senza un perché, troppi inseguimenti che sembrano piazzati in momenti nevralgici del film solo per fare tanto rumore (per nulla), troppi buchi di sceneggiatura: e il preteso dinamismo finisce per impantanarsi in un pasticcio ingarbugliato senza un vero perché.
E poi forse sarebbe ora di dire basta con queste valigette (dopo quella di Ronin di John Frankenheimer pensavamo non ce ne fosse più bisogno) dal contenuto misterioso che innescano scie di sangue.
Una corsa fino all’ultimo respiro in una metropoli europea piena di misteri, spie, cospirazioni e rivelazioni a sorpresa: ma per fare ‘un’ Frantic ci vuole ‘un’ Polanski.
Elena Bartoni