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La gabbia dorata – La jaula de oro – Recensione

Potente lungometraggio d’esordio, La gabbia dorata – La jaula de oro del regista spagnolo Diego Quemada-Dìez, ha ottenuto moltissimo successo al recente Festival di Cannes, dimostrando di essere un ottimo road movie adolescenziale e umano, che ricco di sorprese si fa metafora della crescita matura ed umana dei suoi giovani protagonisti.

I quindicenni Juan (Brandon Lòpez), Sara (Karen Martìnez) e Samuel (Carlos Chajon), sono in fuga dal Guatemala verso gli Stati Uniti per trovare la felicità, quando per strada incontrano Chauk (Rodolfo Domìnguez), un indiano del Chiapas che non parla lo spagnolo e non ha documenti. Abbandonati gli amici, Samuel tornerà a casa e i tre continueranno il loro viaggio per trovare un mondo migliore proprio al confine fra Messico e America. Lungo la strada però, dovranno affrontare la dura realtà.

Il tema su cui fa perno questo film è il sogno americano, che nonostante siano passati anni e anni, sembra ancora essere argomento attuale, soprattutto tra i giovani come Juan, Sara e Samuel, latinos in cerca di fortuna, che non hanno nulla da perdere e vedono la linea di confine che separa il Sud America con il Nord, come metà e sinonimo di nuova vita.

La vera avventura/sfida insita nel film e nel lavoro di Quemada-Dìez, riguarda però i personaggi che il regista ha deciso di rendere protagonisti: degli outsider, dei giovani eroi coraggiosi (anche se non tutti), che non avendo niente da perdere decidono di intraprendere il cammino verso la felicità, pur sapendo che dovranno affrontare mille insidie, ma assaporando anche i bei momenti e i begli incontri.

Immagini di violenza e guerriglia, mescolati ed altri di gioco e divertimento, mostrano le due facce della stessa medaglia, che è la pellicola in sé. Girato in 16mm a mo’ di documentario, ma con primi piani ed altre scelte registiche curate, La gabbia d’oro sembra voler essere cinema, ma soprattutto, attraverso la storia di Juan, Sara e Chauk, portavoce di altri migliaia di migranti come loro.

Ricco di tensione e perciò emotivamente coinvolgente, La gabbia dorata può contare anche sui dei bravissimi interpreti, che proprio grazie alla loro inesperienza, con naturalezza rendono ancor più reale un road movie così intensamente costruito, che fino alla fine tiene con il fiato sospeso, in un viaggio che si vive fianco a fianco assieme ai protagonisti, vivendo le loro emozioni e riflettendo su un tema importante come quello rappresentato dai confini, che spesso dall’altro lato, non sono sempre incubatrice di felicità.

Alice Bianco

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