La kryptonite nella borsa – Recensione
Una favola anni ’70, colorata e buffa, imprevedibile e tenera. Una ventata di originalità e vitalità irrompe al Festival del Cinema di Roma dove La kryptonite nella borsa, tratto dall’omonimo romanzo di Ivan Cotroneo e diretto dallo stesso scrittore, è stato presentato in concorso.
Siamo nel 1973 a Napoli. Peppino ha nove anni e una famiglia scombinata, che oggi si direbbe “disfunzionale”. La mamma Rosaria è dattilografa, il padre Antonio lavora in un negozio di macchine per cucire (le mitiche Singer!), i giovani zii Titina e Salvatore vivono invece in un mondo colorato e folle tra balli e feste. Peppino ha un cugino più grande, Gennaro, che si crede Superman, va in giro con una mantellina rosa da parrucchiere e una calzamaglia blu ed è ossessionato dalla kriptonite. Quando Gennaro muore investito da un autobus, la fantasia di Peppino lo riporta in vita, come se il cugino fosse effettivamente il supereroe che credeva di essere.
Le vicissitudini della famiglia però portano il bambino a vivere situazioni difficili. Quando la mamma cade in depressione dopo aver scoperto che il marito la tradisce usando come “alcova” la sua Fiat ‘850’ blu avion, Peppino viene affidato agli zii che lo portano in giro per la “Swingin’ Naples” tra collettivi femministi, feste negli scantinati, comunità greche che ballano il sirtaki in piazza, serate “acide” e sigarette di contrabbando. Nel tentativo di far risollevare Peppino che si sente abbandonato dalla madre chiusa in un silenzio incomprensibile, il padre gli compra tre pulcini di cui deve prendersi cura, ma dopo pochi giorni tutti e tre muoiono in maniera tragicomica (uno si suiciderà addirittura). Ma sarà solo grazie al fantasma del supereroe di suo cugino che Peppino riuscirà ad affrontare le vicissitudini della sua famiglia e ad avvicinarsi al mondo degli adulti.
Un film che è come un fumetto, popolato di figurine bizzarre, un film che, come ogni fumetto, racconta di un ‘rito di passaggio’ all’età adulta. Vivace romanzo di formazione in salsa anni ’70, La kryptonite nella borsa spinge decisamente sul pedale dello scontro tra sogno e realtà.
Improvvisamente “abbandonato” da una mamma che vive la depressione circondata dallo scetticismo di una famiglia napoletana dei primi anni ’70 (al mercato la madre discute con altre donne sull’origine dell’oscuro mal di testa della figlia immaginando ipotesi fantastiche, non sarà mica colpa delle radiazioni del casco del parrucchiere?), Peppino vive vere esperienze di passaggio: va ai collettivi femministi e vede per la prima volta donne nude, ‘regge il moccolo’ sulla spiaggia mentre la zia si apparta in una cabina con un ragazzo, assiste alla caccia all’uomo della zitella ‘bruttina stagionata’ e senza il becco di un quattrino che di tanto in tanto gli fa da baby-sitter.
Ma quello che rende interessante il debutto di Cotroneo regista è il suo sguardo allargato, un romanzo di formazione esteso a tutti i personaggi del film che non vagano solo come satelliti attorno al protagonista. Tutti vivono lo scontro tra desiderio e realtà, chi con maggiore sofferenza, chi con maggiore disincanto, ma tutti riescono a cavarsela, a trovare una strada per sopravvivere.
Un elogio del “diverso” molto apprezzabile, soprattutto di questi tempi: Peppino è bruttino, porta enormi occhiali spessi come fondi di bottiglia, non sa giocare a pallone, se ne sa spesso in disparte. Il suo cugino Superman rappresenta certo la sua ‘potenzialità’, la sua forza repressa ma anche quella scatenata dalla fantasia. Il film diverte parecchio ma riesce anche a commuovere e quella scena finale in cui il cugino fa volare Peppino sopra una Napoli notturna (finalmente) bellissima al suono di “Life on Mars” di David Bowie incanta davvero. Quel Superman sgangherato gli apre gli occhi: il tuo tesoro più grande è essere “un esemplare unico”, l’ unicità è la tua forza, conservala, non far in modo che ti mettano da parte perché troppo diverso. Quel volo sulle spalle del ‘suo’ supereroe segnala un passaggio obbligato per il piccolo protagonista, un ingresso che segnala l’ipotesi di un destino. Si, sembra dirgli quel supereroe napoletano un po’ “scassatello”, anche tu puoi essere Superman, puoi sollevare pesi, puoi saltare e correre, puoi volare. Peppino ora è davvero pronto per spiccare il volo sul mondo. In fondo, anche Clark Kent aveva grandi occhiali ed era molto timido …
Elena Bartoni