La luna su Torino – Recensione
Applicando il metodo a lui consono, Davide Ferrario costruisce La Luna su Torino come uno pseudo documentario sulla città della Mole, spingendosi più in là, oltre gli spazi urbani che, grazie alle improvvisazioni dei suoi attori, si trasforma in un film curioso e di finzione.
Dario (Eugenio Franceschini), Maria (Manuela Parodi) e Ugo (Walter Leonardi) sono tre amici che condividono una casa fuori città. L’eredità dei genitori di Ugo, però, sta per finire e l’uomo è costretto a chiedere aiuto ai due amici che condividono con lui momenti di gioia e difficoltà, alternandoli ad altri di solitudine, di percorso singolo verso la ricerca di una fugace o duratura felicità.
E’ ‘L’incertezza che contribuisce il piacere’, diceva Giacomo Leopardi, figura eternamente presente in questa nuova interessante opera di Ferrario che continua idealmente la sperimentazione del regista, contaminando il cinema di finzione con quello documentaristico e viceversa.
Ci presenta così una Torino inedita, dove Ferrario ricostruisce la struttura urbana della città in cui le vie che si intersecano scorrono parallele alla mappa delle relazioni, con una differenza sostanziale. Mentre per Torino c’è una guida per non perdersi, così come esiste una mappa per le stelle, per i rapporti tra gli esseri umani non esiste e così è facile perdersi.
Questo alla base del film che ci racconta il percorso dei tre protagonisti, tortuoso, complesso, intricato per arrivare ad incontrare quella persona che ci faccia provare davvero qualcosa, che valga per noi la pena di lottare oppure, semplicemente, per incontrare la felicità di qualsiasi pasta sia essa fatta.
Ed è così che la nuova Torino si fa specchio dell’anima delle persone, dei loro percorsi, sospesi alla ricerca di se stessi, alla ricerca di un equilibrio, precario, ma pur sempre un equilibrio.
Ma La luna su Torino pur essendo una pellicola intimista, ricca di suggestioni, ogni tanto pecca nell’essere troppo metaforica, nell’ arrivare allo spettatore attraverso un percorso contorto fatto di citazioni, non sempre azzeccate, e di frasi costruite con similitudini, dove il 45° parallelo che attraversa la città della Mole si fa allegoria della precarietà della vita, delle persone che fanno scorrere la propria esistenza in bilico.
Nonostante ciò però l’opera di Ferrario si può considerare riuscita, perché ha il suo punto di forza nello scavare nell’intimo di 3 personaggi come noi, alla ricerca, come il sommo di Recanati, di un infinito che va oltre Torino, che supera le stelle e che forse risiede, semplicemente, nella felicità terrena che riesce ad elevarti fino alla luna.
Sara Prian