La mafia uccide solo d’estate – Recensione
La mafia al cinema. Numerosi i film già realizzati sull’argomento (anche in tv), ma mai nessuno ne aveva parlato così come lo fa Piefrancesco Diliberto, in arte Pif, l’ex iena al servizio del cinema, che in modo ironico ha esordito alla regia ripercorrendo il decennio italiano (anni ’80-‘90) più tragico degli ultimi anni, il tutto attraverso gli occhi di un Arturo, prima bambino, poi adulto consapevole.
Arturo (Pif) è nato a Palermo. Fin dalla nascita ha a che fare con la mafia e i boss, ma la sua famiglia non sembra farsi troppe domande su chi governa la città. Durante l’infanzia si innamora di Flora, una ragazzina che abita nell’appartamento vicino al suo ed ha una venerazione per il politico Giulio Andreotti. Dopo aver vinto il primo premio ad una festa scolastica per essersi mascherato da Presidente del Consiglio, capisce, parlando con il Generale Dalla Chiesa, che Andreotti non è quel che sembra. Crescendo conquista Flora (Cristiana Capotondi), lavora per un’emittente televisiva locale svendendosi alla politica e dopo l’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino cerca di combattere come può la Mafia.
La mafia uccide solo d’estate può essere visto come una black comedy, le vittime si conoscono alla perfezione, fanno parte della Storia d’Italia, ma Pif, imbastendo con autorialità e fantasia il tema scottante come quello della Mafia a Palermo, delle uccisioni e dei boss, ha lasciato che a raccontarlo fosse prima un bambino e poi un adulto, se stesso.
Due fasi della vita, due fasi dell’Italia. L’infanzia di Arturo, caratterizzata dalle ingenue verità e bugie raccontate dal padre, può essere paragonata a quella di una nazione all’oscuro delle attività illecite della Mafia, la consapevolezza acquisita in età adulta, subito dopo le uccisioni dei magistrati, invece, è paragonabile a quella di un’intera nazione scossa.
Il protagonista a sua volta è scosso, ma determinato, nel suo piccolo, a cambiare qualcosa. Arturo/Pif lo fa, raccontando con personalità e naturalezza la propria visione, riuscendo nel contempo a mescolare alla sua passione per il giornalismo, quella per la giovane Flora ed arricchendo il tutto di immagini e filmati di repertorio che parlano da soli.
Un film di denuncia sociale quindi, ricco di storia, quella spesso taciuta dai libri scolastici, La mafia uccide solo d’estate è una buona prova d’esordio per un regista come Pif, abituato ad essere Testimone e capace qui di dimostrare come il suo occhio attento riesca con umorismo e sensibilità a documentare la realtà dei fatti.
Alice Bianco