La preda perfetta – Recensione
La preda perfetta – A Walk Among the Tombstones di Scott Frank, più noto come sceneggiatore, non è il classico thriller d’azione che tutti si aspettano, è un film di genere, che punta tutto proprio sulla narrazione, riduce al minimo le sparatorie, se non quelle più significative e, nonostante tutto, mantiene viva la suspense e il mistero, che pervadono la pellicola.
Matt Scudder (Liam Neeson), ex poliziotto diventato investigatore privato senza licenza, si aggira per una New York del 1999 fra incontri degli Alcolisti Anonimi e scontri con i trafficanti di droga. Uno di questi, Kenny Kristo (Dan Stevens), sceglie di ingaggiare proprio Matt perché lo aiuti a trovare i sadici psicopatici che hanno rapito, torturato e ucciso sua moglie.
Già sceneggiatore di Get Shorty (1995), Out of Sight (1998), Minority Report (2002) e Wolverine – L’immortale (2013), Frank si cimenta per la seconda volta dietro la macchina da presa (la prima con Sguardo nel vuoto, 2007), in un chiaro omaggio ai film noir e polizieschi anni ’70, sia per atmosfera ed ambientazione che per la sua struttura narrativa.
L’illegalità, la ricerca di redenzione, la nostalgia e la voglia di migliorare una vita piena di scelte sbagliate, sono questi i temi che caratterizzano la storia, un thriller che ricostruisce con l’uso di flashback, il passato, il presente e il futuro del suo protagonista, un Neeson che, staccandosi difficilmente da film di questo genere, da però prova di grande capacità recitative, con un’interpretazione dolente e malinconica, che acuisce la suspense presente in scena.
Suspense che si crea grazie ad un continuo girovagare del protagonista e degli altri personaggi in una New York sconosciuta ai più, quella dei quartieri periferici, che vede tutti da soli in un’atmosfera di degrado ed illegalità comune. In La preda perfetta infatti, il confine tra Bene e Male diventa sempre più labile, il fine giustifica i mezzi e il senso di giustizia viene messo in discussione.
A mettersi in gioco invece, è stato Frank, supportato da un buon apparato artistico, con l’ottima fotografia di Mihai Malaimare Jr. e l’altrettanto studiato montaggio di Jill Savitt, che non lascia nulla al caso. È però la tensione narrativa, smorzata dall’aggiunta di toni ironici, la vera chiave del successo della pellicola, che scorre fluida, solamente con qualche punto di stallo, facilmente perdonabile.
Nel complesso, La preda perfetta è un thriller che si lascia seguire, comprensibile, che accompagna lo spettatore nel viaggio e ricostruzione dei fatti, impregnato di dramma e malinconia, ma anche di speranza e coraggio. Una buona prova d’autore che avviluppando il pubblico in un’atmosfera cupa, riesce a restituirgli una storia chiara e soddisfacente, che fa ben sperare in una buona carriera di Frank non solo come sceneggiatore, ma anche come cineasta.
Alice Bianco