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La Ricostruzione – Recensione

Amore, amicizia, l’affrontare una perdita dolorosa, la pellicola argentina di Juan Taratuto, La ricostruzione, affronta questi temi e lo fa in un clima di assoluto silenzio, entrando a piccoli passi nel cuore dello spettatore e con malinconia e tristezza, ma anche estrema delicatezza, lo fa riflettere, regalando una pellicola che sebbene prevedibile e poco originale, è in grado di emozionare.

Eduardo (Diego Peretti) è odioso e scontroso, stargli vicino non è facile per i colleghi di lavoro, la causa è da attribuirsi alla perdita di sua moglie, che ha svuotato di senso tutta la sua vita. Solo la telefonata del suo migliore amico, Mario (Alfredo Casero), che dev’essere operato al cuore d’urgenza ed ha bisogno di aiuto, riesce a rimetterlo in carreggiata. Costretto ad occuparsi del negozio e della famiglia di lui, Eduardo tornerà a vivere.

Ricostruirsi una vita, avere un’altra chance, rimettersi in sesto, questo è ciò che accade a Eduardo, dopo la malattia che in breve tempo porta via l’amico Mario alle due figlie e alla moglie. Per uno finisce la vita e per l’altro quella scomparsa alimenta la volontà e la forza di prendere in mano la propria esistenza e darle valore.

Eduardo capisce che la vita è breve e deve essere vissuta, che la famiglia è importante e per fortuna non è tardi per recuperare il tempo perduto. Nel buio della casa di Mario, a tu per tu con sua moglie, confessa a lei e allo spettatore, il terribile periodo che sta vivendo dopo aver subito una perdita come quella della consorte e di quel figlio che lavora nella capitale e che sente poco.

Glaciale, asociale e solitario, Eduardo, il protagonista appare così. Un uomo di cui si conosce poco, ma che ha una caratteristica indistinguibile: il suo naso adunco alla Cyrano de Bergerac. Questo segno particolare lo rende ancor più estraneo e mosca bianca agli occhi delle persone che gli stanno intorno, ma pian piano, silenziosamente, senza imporsi, egli riesce ad insinuarsi nell’esistenza delle ragazze e della moglie di Mario, tenendo le redini delle loro vite finché esse non vengono a reclamarle.

La pellicola, che di per sé risulta abbastanza statica, con una prima parte immersa in perenne silenzio, mostra proprio l’esistenza solitaria del protagonista, mentre la seconda parte, riscaldata dagli affetti si impone, riuscendo nell’intento di far emozionare.

Ciò invece non si può dire della regia, di per sé semplice, senza virtuosismi (eccetto qualche particolare soggettiva o inquadratura voyeuristica), ma in linea con la semplicità del film, poco originale anche dal punto di vista narrativo. Buona invece l’interpretazione del burbero Eduardo da parte di Diego Peretti, che nonostante la personalità del suo personaggio è riuscito ad esprimere il dramma racchiuso nel film, che incapace di ergersi con carattere nel panorama cinematografico, emoziona comunque, basta dargli il tempo necessario ed avere pazienza.

Alice Bianco

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