La scelta – Recensione
Michele Placido ritorna sul grande schermo con un film che allontanatosi dal solito genere poliziesco si avventura, ispirandosi all’opera di Pirandello (L’Innesto), in una dimensione drammatica insolita.
I protagonisti Giorgio (Raoul Bova) e Laura (Ambra Angiolini), lei insegnante di canto, lui cuoco, da anni cercano di avere un figlio, sono una coppia affiatata ed hanno un’ottima intesa, questo finché la donna non subisce uno stupro e, qualche tempo dopo, scopre di essere incinta. Deciderà di tenere il bambino o no? E Giorgio sarà in grado di accettare questa situazione?
La scelta è l’undicesimo film da regista per Placido, che si propone di trattare i temi di maternità e di paternità, ma in una maniera fin troppo arcaica. Soprattutto perché dopo l’avvenuto stupro, la fase centrale che si protrae per il resto della pellicola, seppur breve ma intensa e densa, è la capacità (o meno) del marito di accettare un figlio che potrebbe non essere il suo.
Il sud, i valori, la famiglia e la figura dell’uomo e della donna. Giorgio e Laura rappresentano il tradizionalismo, hanno ruoli e regole da rispettare e pare che parlare di argomenti tabù non si possa, anzi, sembra sia meglio soffocare la sofferenza e nascondere tutto.
A contrapporsi a loro, la sorella Francesca, sposata ma con un amante, riconosciuto dallo stesso marito. Due facce e due stili di vita diversi, che Placido avrebbe dovuto sviluppare di più, per dimostrare proprio la differenza tra tradizionalismo e modernità.
Di quest’ultima però, c’è ben poco. Dalla recitazione alla storia, tutto sa di già visto, la narrazione e la chimica mancante fra Bova e la Angiolini rendono il tutto innaturale e poco convincente, per non parlare della gracilità della sceneggiatura in sé.
Nemmeno certe inquadrature particolari, movimenti di macchina frenetici e alcune scelte musicali che riescono a dare un certo brio, sono però sufficienti per considerare almeno accettabile e guardabile, il film.
Pare quindi che il cambio radicale di genere, a Placido non abbia fruttato. Quello che rimane dopo la visione, è infatti solamente un senso di freddezza interiore. La scelta, i suoi personaggi e una regia fin troppo pretenziosa, finiscono per annoiare e deludere lo spettatore.
Alice Bianco