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La stanza di Marvin – Recensione

Aveva 22 anni Leonardo Di Caprio quando, parte di un cast stellare, recitava al fianco di Diane Keaton, Meryl Streep e Robert De Niro nel film La stanza di Marvin (1996), prodotto da De Niro e diretto dall’esordiente Jerry Zacks su un adattamento cinematografico dell’opera teatrale di Scott McPherson, riscritto per il cinema dallo stesso autore, che morì di Aids nel 1992, all’età di trentatre anni. I presupposti della malattia e del dramma ci sono tutti per confezionare un film che racconta di solidarietà, dolore, aiuto reciproco, amore, crescita e riconciliazione.

Le sorelle Lee (Meryl Streep) e Bessie (Diane Keaton) si rincontrano dopo vent’anni per cercare di sconfiggere la leucemia da cui è affetta Bessie, la quale ha bisogno di un trapianto di midollo osseo. Entrambe avevano preso strade diverse: Lee si era sposata e aveva avuto dei figli, mentre Bessie aveva dedicato la sua vita a prendersi cura del padre Marvin, ora ridotto a un vegetale a causa di un ictus, e della zia Ruth. Dopo la telefonata allarmante ricevuta dal dottor Wally (Robert De Niro) sulle condizioni di salute di Bessie, Lee si reca in manicomio a prendere il figlio adolescente Hank (Leonardo Di Caprio), un ragazzo disturbato e dal carattere difficile rinchiuso nell’istituto per aver dato fuoco alla casa. Il ricongiungimento dell’intera famiglia porterà all’incontro/scontro tra le due sorelle, alla rivalutazione di scelte di vita, alla riconciliazione dei rapporti umani e alla crescita di Hank, che finalmente scopre di avere una famiglia.

La stanza di Marvin è un dramma famigliare-psicologico che si concentra più sul carattere introspettivo dei personaggi, piuttosto che sull’azione. La storia, permeata dalla tristezza che scaturisce dal tema della malattia e della morte, è semplice e punta sul messaggio di amore e solidarietà, sui diversi caratteri dei protagonisti, sulle loro debolezze e paure. Le due sorelle rappresentano gli opposti: Lee, interpretata da un nevrotica Meryl Streep, fugge egoisticamente dalle responsabilità (dalla malattia del padre e dal ruolo di madre) e ha un rapporto conflittuale con il figlio che inconsciamente ritiene causa della fuga del marito; Bessie affronta a testa alta le difficoltà, anche quelle più dolorose; completamente dedicata alla sua famiglia di origine, non si è mai sposata, probabilmente perché rimasta attaccata al ricordo del suo grande amore morto tragicamente. Hank soffre per il rapporto conflittuale con la madre e combina disastri per attirare la sua attenzione. Il suo personaggio subisce un’ importante evoluzione istaurando un bel rapporto con la zia, per la quale nutre un profondo affetto (la scena della corsa in auto tra le onde dell’oceano con la zia Bessie è forse la scena più intensa e più nota di tutta la pellicola). Al centro della vicenda: la stanza di Marvin, il cui personaggio, mostrato per giustificare il titolo del film, ha il volto dell’attore Hume Cronyn in una delle sue ultime interpretazioni. Intorno a Marvin i protagonisti (Lee, Bessie e Hank) si scontrano, confrontano e crescono in un’evoluzione di caratteri e sentimenti che generano emozione e pathos.

Performance sempre di un certo livello sono fornite dalle consolidate e conosciute attrici Keaton e Streep che non mettono in ombra il talento del giovane Di Caprio, degno di questo cast.

Il messaggio del film è rivolto alla riscoperta di amori e affetti importanti, alla possibilità di poter crescere, essere pronti ad assumere responsabilità e ad affrontare realtà che, anche se difficili e dolorose, portano a dare e ricevere amore e, quindi, ad essere felici. Grazie a questi temi profondi e toccanti, nonostante non sia tra le pellicole più belle passate alla storia, La stanza di Marvin riesce a far riflettere, emozionare e commuovere.
 

Elisa Cuozzo

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