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Last Summer – Recensione

Una madre (Rinko Kikuchi) ha perso da anni la custodia del piccolo Ken, lasciato nelle mani di un nonno e di un padre ricco, entrambi occidentali. Le figure maschili della famiglia le lasciano 4 giorni per poterlo incontrare e permetterle di instaurare un rapporto, prima di dovergli dire nuovamente addio. Il tutto si svolge su un territorio neutro, uno yacht ormeggiato lungo la costa pugliese, lì dove si scontreranno culture diverse, potere e impotenza.

In un panorama cinematografico comandato da blockbuster fracassoni, da cine-comic fatti con lo stampo, da remake, reboot, ci si trova piacevolmente spiazzati quando, davanti ai nostri occhi, scorrono immagini poetiche, vere, delicate e forti allo stesso. Ce ne ha dato un assaggio Linklater con il suo Boyhood, ci pensa di nuovo Leonardo Guerra Seràgnoli con questo Last Summer a colpirci nel profondo senza effetti speciali, solo con una buona sceneggiatura ed un’ attrice meravigliosa come Rinko Kikuchi.

Un cinema puro, di quello che, anche se vogliono farci credere il contrario, si può ancora creare; quello che nasce dalla vita di tutti i giorni e si trasforma in poesia per gli occhi ed in riflessioni per il cuore.

Guerra Seràgnoli ci conduce attraverso le pieghe di una ferita aperta, di una separazione tra madre e figlio che, oltre a trovarsi ad abbattere i muri della lontananza, deve superare anche quelli culturali di un bambino per metà giapponese, cresciuto però dagli occidentali.

Last Summer è concepito come un film minimal, dove non servono grandi cose, per raccontare una storia, dove tutto è calcolato secondo precisi tempi con una messa in scena asettica, ma che non manca mai di emozione, che con intelligenza riesce a far emergere il dramma umano passo dopo passo, sequenza dopo sequenza, in una struttura narrativa che inizialmente sembra concepita per incuriosire lo spettatore come se stessimo assistendo ad una sorta di thriller, per poi esplodere in un finale emozionante e drammatico nel senso più puro del termine.

Solo gesto dopo gesto il regista accompagna lo spettatore ad avvicinarsi alla madre, come se fosse lo stesso pubblico questo bambino sradicato dalle sue radici. Last Summer è una pellicola che vive e respira in un’atmosfera sospesa, che non risente di tutto quello che le sta attorno, ma che esiste grazie all’hic et nunc e alla poesia con cui viene magistralmente girato, scritto ed interpretato.

Una pellicola che segue, come detto, le orme di Linklater nella sua purezza del messaggio, nella sua voglia di donare emozioni senza forzare la mano, regalandoci, ora che se ne ha più bisogno, la capacità di ascoltare con gli occhi i battiti del nostro cuore.

Sara Prian

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