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Le diable dans la peau (Devil in the Skin) – Recensione

Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, nella sezione “Alice nella città”, Le diable dans la peau è la storia di Xavier (Quentin Grosset) e Jacques (Paul Francois) due fratelli di undici e sette anni molto uniti. I due bambini vivono in campagna, a stretto contatto con un paesaggio bellissimo fatto di boschi, altipiani, gole, laghi e immense distese di prati che sono un invito inebriante alla libertà e al piacere del rapporto con la natura. I due ragazzini sono profondamente uniti dall’ambiente familiare difficile e violento in cui si trovano a vivere. E’ l’inizio dell’estate, ma il clima promettente delle vacanze viene turbato dalla notizia che al rientro saranno separati perché il piccolo Jacques verrà mandato in un istituto in città. E’ la loro ultima estate. Non accettando la decisione di doversi separare dal fratellino, Xavier organizza la loro fuga tra i boschi. Ma una svolta drammatica cambierà per sempre le vite dei due ragazzini.
Una fiaba crudele e delicata insieme, la parabola di due fratelli e della loro sofferenza comune. Xavier e Jacques vivono in modi diversi una difficile situazione familiare: non hanno la mamma e hanno un padre ‘anaffettivo’, prevaricatore e violento. Xavier, il più grande, ha “il diavolo sotto la pelle”, vive un attaccamento ossessivo, quasi morboso per il fratellino più piccolo e indifeso e reagisce con un comportamento spesso rude e violento (arriverà a provocare gravi ferite a un amichetto italo-francese in vacanza). Il piccolo Jacques cerca rifugio al suo disagio in un rassicurante mondo di fantasia (dice di sentirsi protetto da una donna dai capelli biondi che le appare quasi fosse un angelo custode e confessa di rifugiarsi quando è solo in un nascondiglio segreto sotto una grande sequoia). Le psicologie dei due piccoli sono tratteggiate con grazia e delicatezza e rese alla perfezione dall’ottima prova recitativa dei due ragazzini.
“Penso che ci sia qualcosa di più grande, se non ci fosse non potremmo vivere” afferma il più grande contemplando un cielo meravigliosamente stellato, quel “qualcosa di più grande” cui il fratellino dà il volto del suo angelo custode. E quell’immenso cielo stellato è lo spazio per il sogno, il desiderio, l’anelito alla libertà simboleggiato dall’aquilone che Xavier costruisce per il fratellino. Un aquilone che proverà a volare ma che si rivelerà anche emblema del sogno spezzato.
Raffinata e spiazzante opera d’esordio di Gilles Martinerie, scritta dal regista e da Nicolas Peufaillit (César 2010 per la migliore sceneggiatura originale de Il profeta), Le diable dans la peau colpisce dritto lo spettatore per il duro contrapporsi di bellezza e crudeltà. Una rapida e folle corsa in avanti alla ricerca della libertà. Anche se tutto è destinato a infrangersi e il sogno rimarrà sussurrato all’interno di un tronco di una grande sequoia che lo custodirà per l’eternità.

Elena Bartoni

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