L’Evocazione – The Conjuring – Recensione
James Wan è uno dei registi di thriller – horror più interessanti del decennio. Se con “Insidious” aveva portato nel panorama cinematografico di genere una ventata di novità e tensione alle stelle, con questo “L’Evocazione – The Conjuring” Wan si allinea irrimediabilmente a quel cinema horror che, cercando di emulare/omaggiare Friedkin piuttosto che Hitchcock (con una citazione posticcia a “Gli uccelli”), finisce per non regale nessun tipo di brivido: né di paura, né tanto meno di tensione emotiva.
I Warren, Ed (Patrick Wilson) e Lorraine (Vera Farmiga) sono due investigatori del paranormale richiesti in tutto il mondo. Quando un giorno vengono convocati dalla famiglia Perron, terrorizzata da una presenza demoniaca nella loro nuova isolata abitazione, i coniugi si troveranno ad affrontare il caso più complesso e pauroso della loro esistenza.
Sbadigliare in un film dell’orrore che dovrebbe farti sobbalzare sulla poltrona non è mai un buon segno, se poi segue anche l’addormentamento per qualche minuto, è il segnale che qualcosa nella pellicola non va. Il film di Wan, infatti, colleziona in sequenza una serie di scene viste e riviste che, anche se registicamente ben costruite con una fotografia dai colori saturi molto ben concepita, non riesce ad andare oltre alla sensazione, quasi irritante, del “già visto”. Questo nonostante ci possa essere un chiaro appeal sul fatto che gli avvenimenti siano in parte realmente accaduti e che sia i Warren che i Perron siano realmente esistiti e abbiano avuto a che fare con presenza demoniache.
Solo nell’ultima mezz’ora, “L’Evocazione” riesce a prendere il tanto agognato ritmo, ma anche qui la sensazione di vedere una replica mal riuscita dal punto di vista emotivo e, ovviamente, ben riuscita da quello visivo, de “L’Esorcista” di Friedkin (con il quale condivide, volutamente, i font con cui viene riportato il titolo all’inizio) continua a far sentire la sua presenza; quasi come un’ombra continua più spaventosa, almeno per Wan, dei protagonisti ectoplasmatici.
Lo sviluppo della storia non presenta niente di innovativo, nessuno colpo di scena a ribaltare la situazione come accadde con il sorprendente “Insidious” e questo pur cercando di ricreare le stesse atmosfere claustrofobiche che la casa infestata può suggerire ed utilizzando il talento di Patrick Wilson unito, questa volta, a quello immenso (ma qui inutile) di Vera Farmiga.
Anche la colonna sonora, elemento portante di qualsiasi film horror che si rispetti, risulta poco incisiva, a volte addirittura le musiche cozzano con la scena, e non riesce a venire in aiuto alla prevedibilità (e molte volte comicità) che le sequenze si trascinano dietro.
Wan si trova a dover manovrare una macchina che fa troppo affidamento al timore che può suscitare la frase “ispirato a fatti realmente accaduti”, senza costruirci attorno una vera storia terrificante, diversa dal solito e che non giri sempre attorno alla possessione e all’esorcismo con demoni che minacciano in maniera poco originale che lì “moriranno tutti”.
Un’occasione sprecata questa di dimostrare al mondo intero che “Insidious” non era solamente una parentesi, ma l’inizio per la rinascita di un genere che fatica a rimanere in vita e che sembra abbia detto ormai tutto negli anni passati.
Sara Prian