Liberaci dal Male – Recensione
C’è poco di nuovo ed originale ne Liberaci dal male di Scott Derrickson, che dopo la buona prova di Sinister, torna ad indagare il genere demoniaco, senza mai grandi picchi e con un ritmo forse troppo calmo e rilassato per questo tipo di film, rischiando di far annoiare lo spettatore.
Ralph Sarchie (Eric Bana) è un ufficiale della polizia che si divide tra i problemi della sua famiglia e quelli delle strade del Bronx. Un giorno però si trova ad indagare su una serie di crimini inquietanti ed inspiegabili, per risolverli dovrà fare i conti con gli esorcismi e le possessioni demoniache.
Quando ci si trova davanti ad un film di tipo thriller-horror quello che ci si aspetterebbe è di provare qualche brivido o tensione. Con Liberaci dal male questo non avviene a causa dei momenti di paura prevedibilissimi e la scelta, come detto, di girare tutta la pellicola con un ritmo blando che sarebbe più ideale ad un film drammatico.
Ma è proprio quello che Derrickson vorrebbe infilare all’interno della sua pellicola, la drammaticità, con i problemi personale ed introspettivi del protagonista che dovrebbero viaggiare parallelamente con il plot horror.
Purtroppo però, il tutto non viene equilibrato come si deve, lasciando la parte veramente drammatica a coinvolgere pochissimo lo spettatore.
Qualcosa di buono però c’è e si tratta di Sean Harris, il posseduto, che ci regala un’interpretazione inquietante e convincente, così come la scena della de-possessione è, in questo caso possiamo dirlo, qualcosa di originale e davvero spaventoso.
Anche la fotografia di Scott Kevan ci regala delle ambientazioni claustrofobiche con la pioggia a fare da padrona.
Certo, dobbiamo anche tenere conto che questo non è un vero horror, ma un thriller, però, anche tenendo conto di questo, anzi soprattutto tenendo conto di ciò, il salvabile è poco. Questo perché Liberaci dal male è debole dal punto di vista narrativo: non ci sono grandi colpi di scena e la tensione, come già detto, non esiste, tranne nelle sequenze finali.
Non ci sono picchi e non ci sono vette, tranne qualche sequenza azzeccata, dove la struttura narrativa non risulta incisiva come dovrebbe essere e dove la tensione Derrickson l’ha dimenticata nel suo film precedente.
Sara Prian