Logan – Recensione
Ruvido, arido, completamente distaccato dai classici cinecomic Marvel, Logan – Wolverine, il capitolo finale della saga dedicata a questo X-Man, arriva sul grande schermo stravolgendo il genere e regalando un film quasi d’autore, un mix di azione, commozione e, novità, anche qualche parolaccia, unita ad una brutale violenza!
Il film è ambientato nel futuro (2029): sono 25 anni che non nascono più mutanti e quelli che sono sopravvissuti sono degli emarginati, in via di estinzione. Logan/Wolverine (Hugh Jackman) vive facendo l’autista di limousine e la sua capacità di rigenerazione non funziona più come un tempo, mentre il Professor X (Patrick Stewart) ha novant’anni ed un controllo dei poteri psichici sempre meno sicuro. Quando una donna messicana cerca Logan per presentargli una bambina misteriosa di nome Laura (Dafne Keen), nuove attenzioni e nuovi guai cominciano a raggiungere i mutanti.
Hugh Jackman affila i famosi artigli e sfoga tutto il suo tormento in faccia allo spettatore, sin dai primi fotogrammi: una carneficina in grande stile apre le danze promettendo colpi di scena! A cominciare da uno spiazzante ribaltamento narrativo, così come una realizzazione originale ed estranea al genere, dell’intero film.
Con Logan – Wolverine non si è infatti davanti al classico blockbuster. Il personaggio più amato degli X-Men appare fin da subito come un essere tormentato, stanco di vivere; reagisce al dolore solamente con violenza e distacco, lontano anni luce da qualsiasi tipo di affetto umano.
Le sue cicatrici interiori sono molto più laceranti delle esteriori, che si autoinfligge cercando un significato alla sua esistenza. Ben presto questa arriva! Una nuova avventura ed una nuova ”compagna” d’artigli, squarcerà il velo nero di dolore, dando l’input conclusivo a questa saga, che riserva un capitolo finale degno di nota.
Il film di James Mangold entra nel paradiso Marvel, marchiando a fuoco l’anima di Wolverine, un personaggio scavato e approfondito emotivamente. Il regista non si preoccupa di nulla, ribalta la fattura del blockbuster e si concentra sulla ruvidezza della pellicola, così come la brutalità di Wolverine e della piccola Laura (una Dafne Keen molto promettente), dimostrando che le scelte di semplicità, premiano.
C’è azione, scorre sangue, scappa qualche parolaccia, ma ciò che risalta di più è ancora una volta la questione di diversità razziale, così come il senso di appartenenza e l’importanza del valore famiglia.
Non solo intrattenimento, anzi, è proprio ridotto all’osso, Logan – Wolverine è un vero e proprio film d’autore, profondo, realizzato con stile, che lascerà una traccia indelibile nella storia dei cinecomic.
Alice Bianco