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Lovelace – Recensione

Tutti più o meno, sanno chi era Linda Lovelace e il perché della sua notorietà, resta quindi da chiedersi come mai i registi Rob Epstein e Jeffrey Friedman, abbiano sentito il bisogno di raccontarne la storia utilizzando il genere del melodramma-commedia, finendo per dire tutto o niente e concentrandosi, forse per arrivare alla maggior fetta di pubblico, solamente sul successo di ‘’La vera gola profonda’’ (1972).

Linda Susan Boreman (Amanda Seyfried), 21enne della Florida, incontra e successivamente sposa Chuck Traynor (Peter Sarsgaard), proprietario di un night club. Chuck indirizza Linda sulla strada del cinema porno (e non solo), facendo leva sulla fellatio. Nasce così il fenomeno Linda Lovelace, protagonista di ‘’La vera gola profonda’’, il primo film hardcore svincolato dalla censura e campione di incassi mondiale.

Macchina per far soldi, ‘’usata’’ dal marito come oggetto sessuale, ingenua, ma disinibita Linda finisce per apparire un’anima triste e solitaria, fenomeno di costume che ha decisamente cambiato la visione del sesso negli anni ’70.

Decennio che i registi della pellicola hanno descritto accuratamente, con dovizia di particolari, forse troppo, in rapporto all’intero valore del film, che tralasciando la prima parte, nella quale viene ricostruita l’intro del celebre porno che l’ha resa famosa, l’opera finisce per essere un miscuglio di ingredienti mal amalgamati, con uno spreco di cast ed inverosimiglianza.

C’è da dire che non è mai facile avventurarsi nel panorama dei biopic, i rischi di togliere veridicità alla storia sono molti, così come per il protagonista, che immergendosi nel personaggio da interpretare, potrebbe finire per esagerare o meno. Così non è stato per la giovane Amanda Seyfried, forse l’unico elemento positivo, che dimostra di saperci fare con una recitazione intensa e credibile, ciò che non si può dire invece, per quanto riguarda il film.

Dopo un inizio ben strutturato, la pellicola finisce infatti, per perdere appeal, scivola nello scontato, accelera il ritmo, ma non riesce ad essere incisiva. Nonostante quindi si veda lo sforzo degli autori nel dare al film un tocco di artisticità (prima parte sgargiante, la seconda più buia e malinconica), Lovelace non riesce nell’intento di dimostrare le sue qualità.

Meglio quindi mettere in guardia lo spettatore che vorrebbe addentrarsi in questa ‘’gola profonda’’: un film con tanta carne al fuoco, senza però che lo spettatore ne riesca a gustare il sapore. Insipido e limitato, Lovelace è una vera e propria occasione mancata.

Alice Bianco

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