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Mia Madre – Recensione

Dodicesimo lungometraggio per Nanni Moretti, questo Mia Madre, che torna al cinema in grande stile, minimal, ma intenso, continuando quella sua parte di filmografia più intimista, sicuramente più matura, che fotogafando la realtà personale del singolo non dimentica la critica alla società attuale e ai suoi problemi. Perché, come ha già dimostrato in precedenza, Moretti sa che dietro al racconto sulla vita si può nascondere ben altro.

E così Margherita, una sempre meravigliosa Margherita Buy, è una regista che sta lavorando su un film sulla lotta operaia, sulla perdita del lavoro e il confronto tra le classi sociali. Una lotta, la sua, che deve compiere anche nella vita privata, assieme al fratello, interpretato dallo stesso Moretti, dovendo sopportare il vicino lutto di una madre malata.

Mia Madre porta sullo schermo un mix di emozioni che vanno da quelle più tristi e angoscianti a quelle più allegre e facete, rappresentate da un esilarante Torturro. Margherita, fulcro dell’intera vicenda, si trova a barcamenarsi tra questi due estremi, cercando di reagire alle situazioni, ma mai agendo. Moretti mette in scena un gioco di specchi semplice da comprendere, ma allo stesso tempo complesso da assimilare, dove le emozioni giocano un ruolo fondamentale, dove Margherita da regista si trova, invece, a dover interpretare, come gli attori che più volte rimprovera di dover rimanere vicino al loro personaggio restando loro stessi, più ruoli nella vita reale: madre, figlia e sorella senza, appunto, scordare la sua complessa personalità.

Moretti mette in scena, se vogliamo, anche una pellicola onirica, ricca d’immagini e suggestioni, in un sogno ad occhi aperti dove realtà, immaginario e ricordo si fondono nella vita della protagonista. Sono, questi, elementi quasi psichiatrici piazzati dal regista con intelligenza che permettono a Margherita di prepararsi al lutto inevitabile. Questa morte però, in Mia Madre, non è davvero un elemento tangibile, è più un fantasma che aleggia, un’ombra che oltre a spaventare sa anche coccolare con dolcezza, permettendo a Moretti di prendere in considerazione e mettere sotto esame le proprie ansie e paure, ma anche desideri proprio attraverso Margherita, il suo alter ego.

Certo, come detto, ci sono molte tematiche, molti spunti di riflessione, ma quello che in Mia Madre rimane importante è il ruolo del singolo, è il modo in cui il regista punta il dito verso se stesso e compie una sorta di autoanalisi, una  catarsi, un atto dovuto verso se stesso, la sua vita e la sua cinematografia che però riesce a coinvolgere pienamente anche lo spettatore.

Sara Prian

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