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Millennium – Quello che non uccide – Recensione

Lisbeth Salander è tornata, l’iconica eroina protagonista della saga letteraria prima che cinematografica “Millennium” è di nuovo sul grande schermo, questa volta con un volto nuovo. 
Quinto adattamento cinematografico dei romanzi della saga scandinava ideata dallo scrittore Stieg Larsson, Millennium – Quello che non uccide (in originale The Girl in the Spider’s Web), il film riporta sullo schermo la giovane hacker Lisbeth Salander e il giornalista Mikael Blomkvist. I primi tre romanzi della saga, “Uomini che odiano le donne”, “La ragazza che giocava col fuoco” e “La regina dei castelli di carta”, erano stati portati sul grande schermo in Svezia nel 2009. Dietro la macchina da presa per il primo c’era Niels Arden Oplev e per gli altri due Daniel Alfredson. Grazie a questi film, Naomi Rapace era diventata una star mondiale nei panni della Salander. Nel 2011 Hollywood non si lasciò sfuggire l’occasione di sfruttare il successo della saga realizzando una trasposizione americana del primo romanzo, Millennium – Uomini che odiano le donne, con la regia di David Fincher con due star come Daniel Craig e Rooney Mara nei ruoli principali.
Non essendo giunti a un accordo con Fincher, la produzione Sony ha optato per una sorta di reboot con nuovo regista e nuovo cast, ricominciando dal quarto libro della serie, scritto da David Lagercrantz, giornalista e scrittore che ha ripreso le redini della saga (pubblicando due romanzi), dopo l’improvvisa e prematura morte di Larsson nel 2004.

Squadra totalmente rinnovata dunque, due nuovi protagonisti, l’attrice inglese Claire Foy (la regina Elisabetta nella serie “The Crown”) e Sverrir Gudnason (il Borg del film Borg-McEnroe) diretti da Fede Alvarez, regista uruguaiano che ha firmato il remake dell’horror La casa prodotto da Sam Raimi e Man in the Dark.
L’intreccio prende le mosse dal passato. Nel prologo, veniamo trasportati indietro, all’infanzia di Lisbeth, intenta a giocare a scacchi con la sorellina Camilla. Le due bambine sono vittime abusate di un padre pervertito dal quale Lisbeth fugge mentre la sorella non ha il coraggio di seguirla. Tornando al presente, la giovane hacker viene messa su una nuova pista da seguire dal vecchio amico giornalista Mikael Blomkvist la cui rivista “Millennium” naviga in cattive acque, strozzata dalla crisi dell’editoria. Lisbeth riceve la richiesta di aiuto di Frans Balder, scienziato informatico inventore di un software capace di minare le sicurezze nazionali e di armare testate nucleari con un clic, che vuole recuperare la sua pericolosa ‘creatura’. Lisbeth riesce a sottrarre il software ma diventa bersaglio di un’organizzazione criminale nota come Spiders. I cattivi di turno vogliono appropriasi del programma il cui funzionamento dipende dal piccolo August, figlio di Balder, l’unico capace di avviarne l’accesso.
In una serie di inseguimenti e colpi di scena, Lisbeth se la deve vedere con gli Spiders, la polizia e l’americana NSA. Le sue uniche due spalle sono un amico informatico e Mikael Blomkvist. Ma la vera resa dei conti finale per l’eroina sarà con il suo passato che ritorna nelle vesti della sorella Camilla, sfuggita a 16 anni di persecuzioni del padre-mostro e che ha preso le redini dell’organizzazione criminale dopo la sua morte.

Lisbeth Salander in lotta con il suo passato, Lisbeth che ‘hackera’ di tutto (dai sistemi degli aeroporti, a quelli della NSA fino ai controlli elettronici delle automobili), Lisbeth che insegue a folle velocità (sulla sua moto Ducati o su una Lamborghini rigorosamente black) i nemici di turno, Lisbeth che nutre le sue tendenze lesbo, Lisbeth che punisce gli ‘uomini che odiano le donne’ (la sequenza inziale con cui entra in scena la nuova Salander-Foy è una missione punitiva in cui un uomo violento che picchia sua moglie finisce appeso a testa in giù). 
Questo quinto film della saga “Millennium” muove equilibri e sposta pesi, Quello che non uccide ha una sua protagonista assoluta: la geniale hacker con il drago tatuato sulla schiena. Spostando completamente i rapporti di forza tra i personaggi dei tre film svedesi e soprattutto dell’opera di Fincher, Fede Alvarez mette al centro della scena la sua eroina tutta nuova.
Lisbeth non ha cambiato solo volto ma ha cambiato natura: questa volta è quasi un super-eroe, una specie di Ethan Hunt con tatuaggi e piercing, una donna tosta senza quelle sottili vibrazioni cui avevano dato vita nelle precedenti versioni le dive Rapace e Mara. 
Il risultato è un action puro in perfetto stile hollywoodiano, adrenalinico e roboante, un film girato abilmente e intriso di temi d’attualità (intelligenza artificiale e strapotere del digitale per dirne solo due) ma meno sottile e disturbante di Fincher e soprattutto meno capace di insinuarsi nei meandri della mente umana. Mancano le sfumature, la capacità di andare oltre le immagini per suggerire qualcosa di celato, come nella riuscita indagine investigativa della coppia Craig-Mara.
In questa operazione ne esce a pezzi il personaggio di Blomkvist che, complice la presenza quasi incolore di Sverrir Gudnason, viene quasi del tutto annullato a favore dell’eroina protagonista, con la quale questa volta non si innesca nessun corto circuito che accede i sensi.
In questo opaco Blomkvist non resta nulla dell’arguto e coraggioso giornalista di Craig che era capace di infondere calore, sensualità e umana fallibilità a quel mondo digitale scardinato dalla sua abile amica hacker.

Elena Bartoni

 

 

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