Mistress America – Recensione
Appena giunta a New York da fuori città per frequentare l’Università, la diciottenne Tracy (Lola Kirke) è delusa dal primo impatto con un mondo tanto diverso ed in cerca di una strada da percorrere nella vita. Tutto cambia quando viene ospitata nell’appartamento di Brooke (Greta Gerwig, anche co-sceneggiatrice insieme al regista), sua futura sorellastra, che ambisce ad aprire un ristorante ed è alla difficoltosa ricerca di fondi. Inconvenienti, sorprese, risate e lacrime. Una autentica fonte dissetante di intelligenza e divertimento quest’ultima fatica di Noah Baumbach, autore di una commedia qui e là venata di malinconica amarezza ma sempre sostenuta da una vivacità prorompente nella messinscena e da un piglio umoristico contagioso. Molto parlata, portata avanti a colpi di dialoghi spiritosi e spesso pungenti, è popolata di personaggi disegnati con arguzia ed affettuosa perizia. Montaggio infallibile, al pari di una colonna sonora il cui ritmo si sposa alla perfezione con quello dello sviluppo narrativo. Il tutto condito da piccole gag, invenzioni fulminee, puntatine nell’ironia surreale. Nulla fuori posto, nella comicità e nell’intreccio della stessa con la riflessione esistenziale ed i riferimenti letterari di cui il film è sapientemente puntellato. E, sebbene non accada nulla di così eclatante nel corso della vicenda i singoli momenti da citare (per atmosfera e non solo) sono più di uno. Cast di livello pregevole, a partire dalle due accattivanti protagoniste (briosa la Gerwig, contenuta con classe la Kirke) fino a comprimari che solo relativamente possono definirsi tali. Il classico, piccolo gioiello d’autore, in grado di rilassare la mente dello spettatore nel momento in cui la apre.