Mommy – Recensione
Fare meglio degli altri suoi film era cosa davvero difficile, eppure Xavier Dolan con il suo ‘Mommy’ ci regala il suo film più intimo, più riuscito, devastante, a tratti imperfetto, ma proprio per questo capolavoro da cineteca.
Diane, chiamata da tutti Die, è una mamma single che, rimasta vedova qualche anno prima, è costretta a far tornare nella sua casa il figlio 16enne, Steve, affetto da iperattività. In quel momento però, Diane viene anche licenziata e deve trovare il modo di sfamare la famiglia, mentre la vicina di casa, affetta da balbuzie, Kyla, decide di dare ripetizioni a Steve.
Dolan, l’enfant prodige che a soli 25 anni rischia seriamente di sbancare la 67esima edizione del Festival di Cannes con un film che osa e convince a partire dal formato dello schermo. Qui, infatti, il regista decide di proporci il tutto con un curioso ed interessante 1:1: un rettangolo verticale che non ti lascia vedere i lati dell’immagine e che aiuta a creare un’atmosfera di disagio e anche fastidio.
Ma Dolan sa benissimo che lo spettatore sta soffrendo questa visione e ad un certo punto, quando ormai ci ha portato al limite, ecco che allarga letteralmente l’immagine, riempiendo tutto lo schermo.
Mommy altro non è che il complemento, più intenso e catartico dell’altro capolavoro di Dolan, J’ai tué ma mère. Infatti la stessa Diane è interpreta da una immensa Anne Dorval, già protagonista del film appena citato. Il regista ama circondarsi dei suoi attori feticci e anche la timida Kyla altro non è che la splendida Suzanne Clément co-protagonista di Laurence Anyways e Steve, interpretato da Antoine-Olivier Pilon, era il protagonista del video musicale girato da Dolan, College Boy.
E proprio questo suo circondarsi di attori che conosce bene, ad un certo punto c’è anche Pierre-Yves Cardinal di Tom à la ferme, e che sanno cosa lui vuole gli permette di creare un ambiente a lui ideale per sfornare un capolavoro imperfetto, ma pieno di vita e dolore.
La cosa più riuscita di Mommy è sicuramente il rapporto tra madre-figlio, punto cardine di quasi tutte le opere del regista canadese e le scene con Kyla. Il tutto riempito di emozione vera, pura, che traspare dallo schermo grazie alla grande capacità di messa in scena di Dolan, ma anche e soprattutto, grazie all’immenso talento dei protagonisti.
Un amore a tre, come visto in Les amours imaginaire, ma qui più puro e platonico, dove questi tre elementi diventano un sistema solare a sé: ruotando tra di loro, riescono a darsi la forza, l’amore e l’affetto che può superare ogni cosa.
Un film, questo, ricco di momenti che ti passano oltre la pelle, che rimangono impressi nella memoria, come il Vivo per lei stonato che Steve dedica alla madre. Perché Dolan è in grado, ancora una volta, di prendere la materia emozione astratta e renderla tangibile attraverso le lacrime che riempiono i nostri occhi e le forti sensazioni che dal centro del nostro stomaco si diramano, trasformandosi in vera pelle d’oca.
Sara Prian